Le colonne d'Ercole
C'incontrammo dopo pranzo, presto presto. Era un pomeriggio di mezza stagione, col sole. Eravamo usciti tutti insieme dalla Robert Kennedy, dandoci appuntamento per le due e mezza, ai giardinetti sotto casa che poi erano uno spartitraffico dove c'era solo qualche macchina parcheggiata, tanto che si riusciva a farci qualche partita di calcio di quelle interminabili. Scamarcio era quello più grande, biondastro riccio. Così sembrava, forse per via dell'acne aggressiva. Abitava nel palazzo dove aveva abitato Claudio Baglioni, ogni tanto lo raccontava ma nun ce credeva nessuno. Io ero il più piccoletto, biondo con gli occhi grandi e il giacchettino di lana rossa lavorata ai ferri da mì madre, con la lampo che terminava con un anello con cui giocherellavo sempre. Poi c'era Napo, che il nome già descrive: capelli crespi a nuvola sopra la testa, peluria folta a mò di baffi e barba. Luzi il perticone e Mancini completavano la banda, quelli di sempre o forse no, che ne mancavano tre o quattro. Partimmo alla ventura verso est, facendo rotta sulla Prenestina. Arrivati giù attraversammo al semaforo delle colonne d'ercole, quello dell'incrocione con la Serenissima, grande via in salita che si avventurava verso il tronchetto della Roma-L'Aquila, e oltre verso Pietralata, Casal Bertone eccetera. Salimmo sulla rampa dell'autostrada e passammo sul montarozzo a fianco del guardarail. Poi realizzammo che sul guardarail ce stavano i catadiottri attaccati. Sgheci. Se potevano attaccà sur monopattino, hai da vede che robba. Ma eravamo lì a mani nude, staccarli era un problema. Scamarcio e Napo ce mettevano la tigna, io avevo un paio di scarpe similkickers che manco un carcio fatto bene je potevo dà. E poi ero piccolo. Insomma, pe falla breve, staccarono a calci tre-quattro catadiottri e continuavano. Fino a quando arrivarono i vigili. A regazzì, che state a combinà? Ma nun ve vergognate? Una cazziata terrificante. Era uno alto coi baffi, che a un certo punto s'è girato verso de me e ha fatto: "ma pure te, così piccolo, te metti a fà ste cose? E si stasera passa tù padre e ce s'ammazza co la maghina?". Mì padre nun c'era più da un sacco. Mi vergognai tanto, non me lo sono dimenticato più. Ci lasciarono andare, dopo qualche piagnisteo. Riscendemmo da Casal Bertone, mai vista prima in vita mia. Scarpinammo fino a casa. Un pomeriggio indimenticabile.
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