29 maggio 2008

ebenezer

Ebenezer ama alzarsi presto, la mattina. Alle cinque, caschi il mondo, è già in piedi a lavare la macchina. Cioè, una delle sue macchine. Poi va a curarsi la campagna, seguito dalle gatte che gnaolano e si strusciano. Le lascia fare: ha sempre amato sentirsi lisciare, da umani o da felini che differenza fa? Meglio i felini, direbbe lui, visto che gli umani sono smidollati senza ritegno, da tenere stretti nel pugno e da piegare alla propria volontà. Quel pugno che, diceva quello, può essere ferro e può essere piuma. Lo sa bene il malcapitato che quei pugni li ha assaggiati, e quanti ne ha stesi, il vecchio Ebe! Da quando a undici anni ne sdraiò un paio, a scuola, che sembrava avessero venticinque anni. Sbèm. Un cazzottone nei coglioni, ché chi mena per primo mena due volte, e tanti saluti a quelli che provavano a fare i nonni. "I calci io non li prendo. Li do". Questo era Ebe, fin dai primi passi.

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