31 gennaio 2008
prima che finisca
Bisogna dargliene atto: questo gennaio del 2008 è stato un mese di merda come pochi.
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metapiano d'azione
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30 gennaio 2008
willing suspension of disbelief
lo cita eio, il vecchio Samuel T., e fa venire in mente un sacco di volte che la willing suspension of disbelief fa la differenza, e fa anche un po' ridere. Per esempio, quando parla il papa...
a proposito di questo, volevo dire un'altra cosa, ma me la sono dimenticata. Poi ci torno
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28 gennaio 2008
Blues people
Sto lavorando fitto fitto sul testo di LeRoi Jones, alias Amiri Baraka, che più sotto ho presentato. Trattasi dell'analisi del cammino degli afroamericani (nel libro, uscito nel 1963, definiti negri, antepolitically correct ma con una certa dura efficacia) dalla schiavitù alla piena cittadinanza americana, attraverso la musica più strettamente legata a loro. il blues, e il Jazz. Perciò sto per diventare un po' monomaniaco. Mi scuso con i miei cinque lettori...
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Amiri Baraka
il manifesto, giovedì 8 aprile 2004
di Mauro Zanda
Parla il poeta Amiri Baraka, di passaggio a Roma per la rassegna "New York is Now!". L'urgenza di rovesciare Bush, le canzoni ancora attuali di Curtis Mayfield, il ritorno dei giovani all'Islam, l'America nera priva di una vera leadership, le contraddizioni interne alla scena hip hop, la mente perversa di chi ha inventato la slam poetry... "Vedo affacciarsi una nuova Harlem Renaissance"
Seduto di fronte ad un buon bicchiere di vino rosso, fisico minuto, scoppola e fazzoletto al collo, Amiri Baraka ricorda con piacere i suoi numerosi passaggi romani ai tempi in cui l'amico Renato Nicolini animava l'estate romana. Stavolta le direttrici della vita e dell'arte lo riportano nella città eterna per un concerto speciale in cui - voce e poesia - si ritrova ad accompagnare la nuova scena del jazz radicale newyorkese in una stimolante rilettura delle canzoni di Curtis Mayfield.
Poeta, saggista, scrittore, critico musicale e drammaturgo, Baraka deve la sua fama internazionale soprattutto a un testo, Blues People (ristampato in Italia da Shake), considerato alla stregua di bibbia della cultura popolare afro-americana. Un libro pubblicato originariamente nel 1963 che, a quarant'anni di distanza, possiede ancora intatta la portata innovativa della sua prospettiva critica, con una prima parte fortemente caratterizzata da un approccio antropologico e una visione d'insieme che oggi non faticheremmo ad accostare a quella anti-anti-essenzialista proposta di recente da Paul Gilroy in The Black Atlantic.
Personalità febbrile e poliedrica, Amiri Baraka (all'anagrafe LeRoi Jones) nasce come poeta beat negli anni '50 al fianco di Allen Ginsberg, ma ben presto avrebbe rivisto le sue posizioni artistiche in senso più militante: "Non ero che un bohémien di colore, e non potevo più esprimermi in quel modo. Sarei divenuto forte abbastanza da dire ciò che c'era da dire per tutti noi: per i neri certo, ma anche per tutti coloro che cercavano giustizia". Fu così che a metà degli anni '60 abbraccia il nazionalismo nero e partecipa attivamente alla rivolta di Newark per la quale nel 1968 verrà condannato al carcere con l'accusa di trasporto d'armi. A partire dal 1975 rivedrà anche le sue posizioni separatiste, sposando con fervore la dottrina marxista e restando fino ad oggi - per sua stessa definizione - un irriducibile afro-comunista.
Perché proprio le canzoni di Curtis Mayfield?
L'idea è stata del bassista William Parker, ma ho partecipato volentieri. Il suo messaggio è ancora attuale e tutt'altro che concluso. Canzoni come People Get Ready, Keep On Pushing, We The People Who Are Darker Than Blue riflettono perfettamente la stagione del movimento per i diritti civili. Quella rivoluzione culturale va portata a termine oggi come allora, bisogna rovesciare personaggi dell'ultradestra come Bush o Berlusconi in favore di una politica di stampo socialista.
Come ha reagito la comunità afro-americana di fronte alla nuova crociata anti-Islam portata avanti dopo l'11 settembre dall'amministrazione Bush?
La comunità nella sua stragrande maggioranza è contraria. Non ho mai visto come negli ultimi due anni un ritorno ai costumi dell'Islam da parte dei neri. Anche i ragazzi hanno avuto questo tipo di reazione; molti di loro adesso sfoggiano dei copricapo mussulmani che, anche fosse solamente una moda, è comunque sintomatico di un clima ben preciso.
Un paio d'anni fa il cantante Harry Belafonte ha bollato Colin Powell come un moderno schiavo domestico. Eppure quelle dichiarazioni sollevarono un vespaio di polemiche anche tra gli intellettuali neri. Qual è la sua posizione?
Non credo si possa definire Colin Powell uno Zio Tom, semplicemente perché è parte integrante di quella stessa classe di potere. Un membro espresso direttamente dalla nuova casta imperiale degli Stati Uniti d'America che, se è un servo, lo è nella misura in cui parte della borghesia serve un'altra parte della borghesia. Lui e Condoleeza Rice rappresentano un trick per le élite afro-americane, sono figure meramente rappresentative, facce nere messe lì in bella vista per legittimare lo status democratico e multirazziale di un gotha che possiede invece radici profondamente razziste e fondamentaliste. Prendi la storia dell'Affirmative action (corsie preferenziali atte a garantire pari opportunità d'accesso allo studio per le minoranze etniche, ndr): è stato tutto un gioco delle parti, con Bush apertamente contrario, in linea con la componente più reazionaria del Partito repubblicano e Rice che invece si è schierata a favore, così da tenere buona la borghesia nera. Stanno privatizzando tutto, ora si sono concentrati sulla spesa sociale, una cosa da abbattere definitivamente e poter poi reinvestire gli utili in borsa.
Un altro intellettuale afro-americano di spicco, Cornell West, sostiene che mai come in questi anni l'America nera viva un profondo vuoto culturale in termini di leadership.
Sì, sono d'accordo. I leader attuali sono dei falsi leader, più preoccupati a dare delle risposte al ceto medio nero che non ai poveri e ai diseredati. Ci sono un'infinità di problemi che ancora oggi in Usa affliggono la nazione dalla pelle scura, e sai qual è la linea di questi sedicenti leader? Che il problema principale risiede nell'attitudine sbagliata degli stessi neri. Una vera follia.
La parola ha sempre rappresentato un elemento cardine nella complessa cosmogonia afro-americana. Da qualche anno si è affacciato un nuovo stile di poesia improvvisata, lo slam. Che idea s'è fatto al riguardo?
Per me la slam poetry non ha alcun valore artistico. Tentare di introdurre il capitalismo nella poesia attraverso questa cultura del chi vince e chi perde è qualcosa che poteva nascere solo dalla mente perversa di alcuni bianchi di Chicago. D'altro canto esistono un sacco di nuovi incredibili talenti in giro, vedo una nuova Harlem Renaissance che si affaccia, poeti come Sekou Sundiata o mio figlio Ras, che ha fatto cose straordinarie assieme a Lauryn Hill.
L'hip hop è ancora la forma espressiva più importante per capire le molteplici contraddizioni in seno all'America nera?
Senza dubbio, anche se tutto è vincolato dal grande mercato. Oggi i neri controllano solo apparentemente le proprie edizioni musicali; a ben guardare è sempre tutto in mano ai grandi gruppi economici e se la tua proposta non è funzionale al sistema sei automaticamente tagliato fuori dalla grande distribuzione. Ti faccio una domanda: nell'ultimo decennio le figure predominanti uscite dall'universo hip hop sono state 2-Pac e Notorious Big, entrambi morti. Chi controlla oggi i loro diritti discografici?
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Giorni fuori tempo
Mi muovo fuori sincrono, come la voce di Ghezzi.
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26 gennaio 2008
furbo, l'etrusco
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24 gennaio 2008
Ridere
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22 gennaio 2008
le liste
Mi sono recato a dichiarare lo stato di disoccupazione. L'impiegato è stato molto piacevole, prodigo di consigli e rapido. Mi ha consegnato un paio di pezzi di carta, un'informativa sul nuovo collocamento e una dichiarazione dello stato di disoccupazione che serve per avere l'assegno dall'INPS. Lui veramente l'ha chiamato sussidio, parola che ha virato verso il dolore tagliente la sensazione di stretta allo stomaco e al (pardon) culo. Mi ero iscritto un'altra volta all'ufficio di collocamento, credo fosse il 1978 e anche se questa è una fase in cui è bene mettere a fuoco tutti i ricordi non c'era ragione di calarci di nuovo in una realtà del genere. Comunque, da lì ho fatto un salto all'interinale, con un tizio che mi correva dietro per vendermi dei calzini dal bar all'ufficio dell'Adecco, chiudendo con un "ti sto pregando". Mi chiedeva gli spicci del resto del caffé, gli avevo detto di no perché era aggressivo, non so come dire, facciamo che era astioso. Un cielo grigio sopra faceva il resto.
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asimmetrie
sono disoccupato da una settimana ma sto lavorando il triplo di prima, 6-22 non stop
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21 gennaio 2008
Crisi
Mastella dice ciao. Fine della corsa
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Ripercorsi
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19 gennaio 2008
Sempre a parlare dei Clash
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18 gennaio 2008
Relazioni
Al di là dell'opinabilità di rilevazioni, numeri e sondaggi, quello che conta è che l'avvento di internet ha modificato il rapporto della gente con la televisione, per alcuni motivi fondamentali, secondo me: la possibilità di selezionare i contenuti in accordo con le proprie esigenze e quella di interagire arrivando a produrre contenuti che vengano fruiti da un pubblico sono probabilmente quelli decisivi. Attraverso l'interattività, poi, si è assistito allo sviluppo di reti di relazioni interpersonali che hanno fatto da base per la circolazione di idee relative sia al mezzo stesso che a tutti gli argomenti immaginabili. Sembra scontato, adesso che l'innovazione è arrivata a un certo grado di maturità e che la quantità di cose possibili grazie alla tecnologia ha raggiunto livelli impensabili sette-otto anni fa, ma di strada se n'è fatta molta e chi ha navigato con mosaic e con un modem da 14.4 lo può facilmente testimoniare. Mi ricordo che si ragionava molto, prima, sugli alienati della televisione, che vivevano in poltrona con uno sparacanali in mano. I tempi sono cambiati e si pensa, oggi, che l'esagerata interazione con internet sia deleteria per i rapporti "reali". E' una banalità, ma è il tipo di obiezione che ho sempre sentito muovere a chi si "sintonizza" troppo intensamente su qualcosa. Mia madre quand'ero piccolo mi faceva uscire a spasso (dùpalle) per forza, a me che m'intestardivo a rimbambirmi la testolina su tutti quei libri... (faceva bene, ma questa è tutta un'altra storia)
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17 gennaio 2008
I professori satanici della sapienza
a questi j'è partita la ciavatta
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bilancio
La prima giornata da disoccupato è andata bene, tutto sommato.
Stamattina sono andato a recuperare le mie cose in ufficio. Ho salutato l'unica persona che se lo meritava e sono venuto via. Sono andato a prendere il caffè con mia moglie a San Gimignano. Abbiamo deciso che ci voleva un pranzo all'altezza, perciò ci siamo fermati al Lidl e abbiamo comprato un po' di schifezze radioattive, cevapcici, polpette dulano, un accrocco al presciutto eccetera. A casa, dopo pisolo, bloggamenti, riordini di carte, telefonate varie e attività volte al reinserimento nel mondo del lavoro, è arrivata l'ora della zuppa. Ho prodotto un ottimo prodotto, slurp, attaccato un pecorino stagionato che avevo in cantina, bruciato al fuoco un po' di cartoni col marchio del datore di lavoro, giurando vendetta. Nel frattempo la roma ha vinto, io ho finito di leggere ingrao, ho perso un paio di partite a literati e non ho sonno. Fuori piove a secchi. Adesso vado a leggere una roba pesante...
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ghosts
Sono fantasmi, o ricordi che tornano.
Sono le incertezze sul futuro, i dubbi, le ansie che non ti lasciano. Il senso della precarietà appesa addosso, della tara del bisogno quotidiano di garantirsi le risorse per essere come gli altri, per avere accesso alle cose che ti consentano di competere per sopravvivere. Ed è un cerchio che gira, saldato, perfetto. Che non mostra, in apparenza, punti su cui si può far leva per spezzare. Io questa cosa la conosco, ci convivo da sempre. E finisce sempre per tornare. E' il suo tentativo di portare l'attacco, l'assedio decisivo. Ma non vince, non vincerà mai, il segreto è voltargli le spalle. Siamo noi che produciamo l'ansia, noi che le ingigantiamo proiettandola sulle nostre paure, sulle cose che dovremmo esorcizzare ma evochiamo di continuo. Come in un mantra portasfiga. Siamo qua, le sfortune sono altre.
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16 gennaio 2008
Il solaio della memoria
Per quanto abbia frugato nella mente, stanotte, tutta la notte o quasi, fino alle quattro o alle cinque, leggendo qualcosa qualsiasi cosa (la biografia di Ingrao, nella circostanza) non ricordo di essere mai stato licenziato, nemmeno in uno degli innumerevoli lavori che ho fatto prima di adesso. Ho smesso di fare il manovale la prima volta perché ricominciava la scuola, la seconda, a scuola finita, perché il gesso mi faceva male alle mani, dovevo andare col pullman da Roma a Castelgandolfo tutte le mattine e arrivare là alle 7 e mezza e non ce la potevo fà. Ho smesso di vendere le rose al semaforo perché dovevo partire per le vacanze con la famiglia, ho smesso di andare a fare il lavoratore fantasma dal famoso produttore di formaggi perché per farlo non andavo a scuola e non si poteva fare, ho smesso di fare l'aiutoelettricista perché mi trattavano male, ho smesso di fare l'impiegato di agenzia ippica perché a montare i pavimenti modulari pagavano di più, ho smesso di montare pavimenti modulari perché non si lavorava tutti i giorni e a portare il pane col furgone ci si alzava alle quattro di mattina ma si lavorava sempre, ho smesso di portare il pane perché con un contratto di formazione da impiegato amministrativo finalmente mi pagavano i contributi, ho smesso di lavorare lì perché mi toccava restare a Napoli e volevo tornare a Roma, ho lasciato l'azienda che mi aveva riportato a Roma perché era in procinto di trasferirsi a Milano, ho lasciato quella che mi ha assunto in quel frangente per andarmene a vivere a Siena con mia moglie. Le collaborazioni collaterali le ho lasciate tutte io, dalla quota di socio di minoranza della società di sviluppo software alla contabilità serale della ditta di antifurti che versava in difficoltà terribili e me l'aveva chiesto un amico per pietà, la ditta pagava in natura (due-tre allarmi che poi ho regalato), dalla collaborazione con l'Ora di Palermo perché il giornale ha sbaraccato a quella con Epolis perché nel frattempo ci siamo trasferiti ed è arrivato il braccio destro del nano. Mi sono sempre dimesso per davvero, insomma, a differenza del Mastellone nazionale. Alla fine, zac. Verginità perduta.
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prime volte
E poi, quando ormai non te l'aspettavi più, arriva pure il giorno del tuo primo licenziamento.
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15 gennaio 2008
benedettuomo
Ma come fai a escludere il Papa, noddico, ma che scherzi?
Gnamo, Galilei come argomento è vecchio, diciamo che ci s'incazza per quello che dice quotidianamente, specialmente quando invade campi che non gli competono.
E si provoca.
D'altra parte la reazione vaticana che grida alla censura come la vuoi definire? Paradossale? La mì nonna avrebbe parlato di faccia come il Q. Solo che lei non diceva le male parole...
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14 gennaio 2008
Sempre con sto ipotetico paese normale
L'ovvietà di oggi è che in un paese normale fare appello a tutte le risorse disponibili per uscire da un'emergenza come quella dei rifiuti in Campania è normale, sacrosanto, manco lo si dovrebbe stare a dire. Certo, in un paese appena appena normale, ma che dico, in un paese normalino, l'emergenza rifiuti non si sarebbe mai determinata. Comunque c'è, bisogna smaltirla, farla smaltire dagli ultras mi sembra una grande idea. Interniamoli nelle discariche e alé
deposto da pank alle 13:42
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12 gennaio 2008
8 gennaio 2008
Non chiederci
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
adesso lo sappiamo, sì che lo sappiamo
deposto da pank alle 22:49
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5 gennaio 2008
L'uomo che odiava i blog
da Shibumi, un bel post
deposto da pank alle 12:11
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3 gennaio 2008
Detto questo
Ho un problema con l'autorità che mi torna su. E poi c'è la faccenda dell'ottimismo che è dei coglioni, e quella di quelli che hanno capito tutto loro e non si fidano e malignano e sottendono trattando tutti da ingenui e da coglioni. Una cosa che non sopporto e che è diventata il modo di essere preferito da molti. Anche Michael Moore non si fida di nessuno, a me viene da non fidarmi quando vedo uno che non si fida di nessuno e che maligna su tutto e su tutti. Anche solo riservandosi un'opzione "cinismo" nella lettura delle cose. Le cose vanno lette nel modo più chiaro possibile, secondo me, ma deve esserci il modo di difendersi senza per forza attaccare. Comunque non mi sta bene...
deposto da pank alle 23:17
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fiocca
qua da noi ha nevicato, stanotte, e continua
deposto da pank alle 09:26
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