28 maggio 2007

Alla fine

Il cerino è rimasto in mano al Chievo, e non è andata come si pensava che andasse. Il maggior indiziato, fatta la tara dei confronti che sulla carta erano in un modo ma in campo poi no, sembrava il Catania in pole, con la possibilità del tana libera tutti del Siena. Il quale a sei minuti dalla fine era sotto il pelo dell'acqua. Poi l'emersione e il pucciamento del pandorino nella mota della retrocessione. L'effetto domino partiva da lontano: la sequenza dei gentili omaggi era partita da roma-torino, con contorno di catania-milan, per proseguire con Roma-Cagliari, una spruzzata di Lazio-Parma, un secchio abbondante di Empoli-Reggina e la ciliegina di Reggina-Milan, al quale si è aggiunto il cedevole muro opposto dalla Lazio al disperato Siena degli ultimi istanti. Ha ragione Gianni Mura, che dice che se tutto fosse dipeso dal gioco a scendere sarebbe stato il Toro, grazie alla brillante idea del suo presidente di affidarsi per gran parte della stagione a Zaccheroni, abbastanza bollito, oramai. Con tutti al massimo dell'impegno, probabilmente il finale di campionato sarebbe stato diverso, e alcune squadre si sarebbero potute esimere dallo svolgere l'antipatico ruolo di arbitro. Ma in questi casi la differenza la fa il calendario, e il fatto di avere due scontri diretti nelle ultime tre gare ha condannato il Chievo a vincere per salvarsi. Gli altri hanno comodamente recuperato i bonus trovati sul terreno. Urge la riduzione delle squadre a diciotto, per ridurre la terra di nessuno in mezzo alla classifica. Di più non si può.

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