27 giugno 2007

A vent'anni dal terrore


Al termine di un'estenuante stagione, la Lazio cominciava il minitorneo di spareggi per evitare la serie C. Era il 27 giugno 1987, e i biancocelesti avevano patito, l'estate prima, le pene dell'inferno. Nello scandalo delle scommesse-due era stata retrocessa, la Lazio, per responsabilità oggettiva: Vinazzani faceva parte della ganga, non c'erano partite truccate che riguardassero la Lazio ma la sanzione fu tremenda lo stesso. La CAF resuscitò poi la Lazio all'ultimo secondo. In B ma con nove punti di penalizzazione. S'era appena insediata la nuova proprietà, raccattati i libri dal tribunale fallimentare. I fratelli Calleri, col socio romanista Bocchi, non potevano partire peggio. Fascetti tenne unita la truppa e riuscì a rimanere a galla in un campionato micidiale. Dopo 38 partite, tra la prima classificata e la diciannovesima c'erano appena tredici punti di distacco... La Lazio acciuffò con il famoso gol di Fiorini gli spareggi. Era il 21 giugno. Il 27 in campo al San Paolo di Napoli, con carovana di macchine sull'autostrada e sconfitta atroce contro il Taranto: un gol di De Vitis, c'è chi lo ricorda in fuorigioco, a metà del secondo tempo. Lo sconforto più nero e la C a un passo. Taranto-Campobasso da giocare, in attesa della seconda gara, contro i molisani, per agguantare la salvezza. Mi ricordo la sensazione d'impotenza e di desolazione alla fine della partita. Ma anche la convinzione intima (figlia dell'incoscienza del tifoso) che non sarebbe finita con la retrocessione. E intanto i contratti erano in scadenza al 30 giugno e non si sapeva chi avrebbe giocato e come: era un altro calcio. Quando si rimpiange quella stagione mi viene da ridere: quella Lazio era poca cosa, come valore tecnico, anche se raccontava delle belle storie. Qualcuna ce la ricorderemo qui sopra.

25 giugno 2007

Lotito e i contratti

(de mauro)
con|tràt|to
s.m.
1 FO TS dir., accordo formale di due o più parti per costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico; estens., il documento che contiene tale accordo: firmare, stipulare, concludere, sottoscrivere un c. | estens., patto, accordo


L'ultima bizzarria di Claudio Lotito è la pretesa (inusitata per il mondo del calcio) del rispetto degli accordi sottoscritti. Un contratto è un contratto, dice the President. L'avemo firmato liberamente, epperciò, me possino cecamme, io lo rispetto. Lo rispetta, Lotito, come no. E pretende che l'altra parte lo rispetti pure lei. Così nascono i tormentoni sui contratti da rinnovare, dove inzuppa il pane la canea dei detrattori spinti del presidentissimo laziale. L'anno scorso le proteste furono molte, centrate soprattutto sui contratti in scadenza non rinnovati dal boss laziale. Quest'anno la questione riguarda Rocchi. Il miglior giocatore della Lazio ha sottoscritto un contratto fino al 2009 (cioè, ha davanti altre due stagioni da fare) ma vorrebbe un riconoscimento per quanto di buono ha fatto, anche in considerazione delle proposte che gli arrivano da Firenze e da Barcellona. Lotito non ci pensa nemmeno, non alle cifre che propone Tommy Gol. Cerca di far passare il principio rivoluzionario che il contratto tutela tutti, non solo i calciatori e gli esosi procuratori. E tiene duro. Alcuni si scandalizzano, ma dovrebbero scandalizzarsi del contrario. Insomma, Rocchi è triste, ma gli toccherà rispettare i patti. Alla peggio se ne andrà a scadenza. Gratis. E questo è un altro punto interessante, perché se si cominciano a rispettare i contratti, a parte il fatto che per i procuratori i tempi si fanno meno ricchi, per il mercato è terremoto. Sì, perché se i giocatori si muovono a scadenza, spariscono gli indennizzi e il valore dei contratti scende ancora di più. Un altra puntata della rivoluzione del "moralizzatore". La voglia di andar via di Jimenez, che ha passato la gran parte della carriera fuori rosa, non avendo compreso il significato di "contratto", in italiano, è un segnale: ai calciatori non conviene trattare con Lotito, se non vogliono trovarsi "prigionieri" delle carte che firmano. I contratti, per ora, sono garanzie se giochi male, carta da culo se giochi bene. Qui qualcuno cambia le carte in tavola. Pericoloso...

22 giugno 2007

Nella morsa del caldo


E' palpabile la felicità dei giornali e dei telegiornali: le "città nella morsa dell'afa" e il "generale inverno" fanno sempre svoltare contenuti a buon mercato. La notizia, e il perché, e la perturbazione africana, e l'anticiclone, e la temperatura percepita, e gli immancabili esperti (ma chi sò?) che raccomandano di bere molto, di non esporsi nelle ore più calde e di badare a anziani, bimbi e cardiopatici. Che te lo dico a fà.
Attesa l'emergenza ozono, mentre incalza la siccità, a maggior ragione oggi, all'indomani del solstizio. Daje, che l'estate è un mozzico. Ma poi torna la morsa del gelo...

dietrologia



demauro.it

die|tro|lo|gì|a
s.f.
CO ricerca, talvolta esasperata, dei fatti occulti che starebbero dietro a un evento o di quanto si nasconderebbe dietro le azioni e le parole altrui.


La dietrologia può diventare una brutta malattia, se non si sta attenti a non abusarne. Per un giornalista può sconfinare nel dietrismo, e poco male, il rischio è il ridicolo ma lo si rischia in proprio. Per una persona eccedere nella dietrologia ad uso privato può causare inconvenienti spiacevoli. Uno dovrebbe stare attento al giusto mix: non limitarsi a guardare solo quello che ha davanti, non pensare neanche che quello che non si vede sia l'unica cosa che conta. Chi si pone in rapporto con gli altri dovrebbe ricordarsi, poi, di dissimularla almeno un po'. Se qualcuno ci dice che piove, prendiamo in considerazione, anche solo per un momento, l'ipotesi che lo dica semplicemente perché sta piovendo. Poi, semmai, valutiamo l'opportunità che lo stia facendo per qualche arcano motivo o per qualche imperscrutabile disegno perverso. Non sempre si può percorrere la traiettoria più breve per andare da un punto all'altro, è vero. Ma una mente sana dovrebbe valutare per primo il percorso più semplice, secondo me. E in ogni caso considerare quanto poco rispettoso sia il sondaggio esplicito delle (possibili) intenzioni altrui, quando ci si trova di fronte a un'istanza di qualunque tipo. Quanto poco si consideri il pensiero altrui, se si ritiene che sia una semplice maschera che nasconde chissà quali intenzioni.
Una cosa che ho imparato, da tempo, è che accorciare le distanze (cioè reagire male davanti alla dietrologia) in frangenti come questi viene considerato come un comportamento deviato, come lacerare un velo che nasconde qualcosa di innominabile, di privato. Ma io se qualcuno fa esercizio di dietrologia su qualcosa che dico non lo tollero. Non lo sopporto. Non mi sta bene. Perlomeno, abbia la creanza di tenerselo per se, dico. Certamente chi lo fa non è mio amico. Sembra un comportamento aggressivo, ma in realtà sto solo cercando d'imparare a mettermi a specchio. L'aggressività altrui rimbalza che è un piacere.

21 giugno 2007

Vent'anni fa, Fiorini


Aveva gli occhi grandi, Giuliano. Grandi e profondamente cerchiati, come se non avesse dormito. Come se avesse passato la notte in qualche bar. Con quegli occhi aveva visto schizzare la palla e si era avvitato su sé stesso, toccandola con un colpo secco, da biliardo, i tacchetti che mordono l’erba e lo sguardo che la segue mentre gonfia la rete, abbattendo l’incubo di Dal Bianco, portiere vicentino paratutto che per la Lazio ha il volto della serie C. La rete che si scuote e Giuliano che corre verso la curva con gli occhi sgranati e il volto di chi te lo vuole raccontare. Ragazzi, ho segnato, ho fatto gol. Siamo salvi. Ce la possiamo fare. La gioia che esplose nelle centomila ugole dell’Olimpico, ma anche nei cuori biancocelesti rimasti a casa. Il pianto dirotto documentato dalla televisione rampante del tempo, strappato al campo nella bolgia finale, raccontava di un uomo che sapeva di aver restituito alla gente laziale la speranza, di aver cambiato il destino con un solo tocco, una zampata rapinosa, da centravanti di razza come Giuliano era, anche se le strade del calcio l’avevano portato, alla fine, lontano dalle grandi ribalte immaginate a inizio carriera. Quel giorno Fiorini faceva di più: scriveva il suo nome nel cuore della gente, entrava nella memoria dei tifosi della Lazio per rimanerci per sempre. Nessuno potrà mai dimenticare l’epilogo di quel Lazio – Vicenza e la limpidezza degli occhi di quel semplice calciatore emiliano, che aveva girato per l’Italia fino a quel giorno e avrebbe continuato a girare, da mestierante, per guadagnarsi di che vivere e spendere gli ultimi spiccioli di carriera. Giuliano Fiorini è mancato sempre ai laziali, fin dal primo giorno. Ognuno ha conservato il ricordo grato di quel gesto. Che ha significato redenzione, nell’immaginario laziale, ben più che il gol di Poli che risolse i successivi spareggi e diede alla Lazio la certezza di evitare la retrocessione in serie C. Nella terribile notizia della morte di Giuliano sta il retrogusto dolce della sua carriera: eroe vero, quanto e più di tanti campioni celebrati. Eroe semplice e senza spocchia. Che di lì a poco prese le sue cose e si fece da parte, perché la Lazio si attrezzava per tornare grande. Il cammino verso la ritrovata grandezza partiva proprio da quel gol. E la gente non lo ha dimenticato.


Il 21/6/1987 con un gol di Fiorini la Lazio batteva all'Olimpico il Vicenza e acciuffava per un pelo gli spareggi per evitare la retrocessione in serie C. A Napoli, in un girone a tre con Taranto e Campobasso, La Lazio evitò l'onta della retrocessione nell'ultima gara, battendo i molisani grazie a un gol di Poli, dopo aver perso il primo spareggio contro il Taranto.

19 giugno 2007

senza nun pozzo (u)stari

Sfogliando la margherita del portiere, la Lazio, cerca cerca, arriva a Oscar Ustari, talentuoso, introverso, giovane (21) e gagliardo. L'Independiente de Avellaneda vuole 10 milioni: il ragazzino va a fare la Coppa America con la nazionale e, a conti fatti, costerebbe più di Carrizo, per il quale le pretese calerebbero di qualche spiccio. Alla richiesta di prestito di Lotito hanno risposto con del mate. Alves la terza via per la scelta esotica del portiere biancocelè. Oscaretto, intanto, sogna il Barcellona. Chi non lo farebbe? Io mi frugo la memoria ma non riesco a ricordare un portiere straniero nel passato della Lazio, a parte il breve soggiorno di Handanovic. Mi sa che alla fine arriva tutt'altro. Amelia?

cholitas

18 giugno 2007

gallina vecchia...

Fernandone è senza contratto e volentieri tornerebbe all'ovile. Noddico. Vabbè che visto Raggi all'opera... C'è Ballotta che libera tutti, ma pure il capellone mica ci va liscio: il 2 agosto sono 38, e non è uno scherzo per uno che fa le capriole dopo aver segnato. Mi ritorna in mente che lo si prese come "accessorio" del pelatiño De La Peña, che poco ha combinato e molto ha preteso, distinguendosi per la messa in mora finale da vero galantuomo. Un contratto è un contratto, d'altra parte. Così pensa Lotito, alle prese con le voglie di Rocchi. Problema comune a altri presidenti, ma non sempre mal comune è mezzo gaudio. Intanto prendono fiato i detrattori del presidente hablante: mugugni a destra e a manca e di arrivi di livello nemmeno l'ombra. Ma come sempre c'è troppa fretta. Da qui ad agosto c'è tempo per recuperare.

Captatio benevolentiae

Giunge alla presentazione ufficiale sei minuti dopo lo scudetto della Mens Sana, che farà vorticosamente girare i coglioni a un gran numero di tifosi della Robur. Si annuncia con una dichiarazione che ci mancava facesse pestando una merda: dopo il Palio e il Basket, a Siena viene il calcio. Oggi gliele danno.

14 giugno 2007

La gran cascia

A lu suono della gran cascia
viva sempre lu popolo bascio
a lu suono de li tammurielli
so risuorte li puverielle.

A lu suono de le campane
viva viva li populane,
a lu suono di li viulini
sempre morte a' giacobini.

neeskens


Quando gli olandesi inventarono il calcio totale avevano anche un prototipo di giocatore totale: Johan Neeskens. Un fenomeno, capace di attaccare, difendere, segnare, scolarsi barili di birra, litigare, fuggire in america, rinunciare alla nazionale dopo essere sbarcato dall’Ajax al Barcellona, e via così. Ma erano i ruggenti anni 70, non c’era manco l’antidoping e, insomma, basettoni e capelli lunghi la facevano da padrone. Così Neeskens impazzava nel ritiro delle meraviglie, dove i tulipani prendevano a calci, oltre al pallone, anche tutti i luoghi comuni del calcio. Macché ritiro, macché astinenza, macché numeri di maglia, macché ruoli fissi, macchè. Vi prendiamo a pallate e basta. Johan è un po’ una figura simbolica, perché comunque è rimasto giocatore incompiuto, come altri grandi talenti di quell’immensa squadra (Rensenbrink, per esempio, ma ne parleremo). A differenza di Cruijff e di Ruud Krol, che si consacrarono tra i grandi del calcio. Forse per spirito olandese, per cui rincorrere i piccioli è interessante quanto e più che giocare a pallone. Chissà. La magnifica cicala con la maglia arancione centrò due finali mondiali, incappando in entrambi i casi nel paese organizzatore. Perse a Monaco contro la tosta Germania di Muller e di Overath, perse a Buenos Aires più per l’arbitro Gonella che per Kempes e Ardiles. Perse pure gli europei del 76, contro Nehoda e Ivo Viktor, ma in semifinale. Insomma, una tragedia, ma anche un grande spettacolo. Dopo qualche problema di vita sregolata, Neeskens (mi pare) rientrò nel giro della nazionale, come assistente di Frankie Rijkaard. Era un’altra faccia del calcio su cui fantasticavamo, almeno io. Chi non si ricorda l’Olanda già qualificata per gli europei che venne a perdere volontariamente contro l’Italia, irridendo il nostro calcio speculativo con novanta minuti di passaggi orizzontali (melina) senza mai cercare di costruire un’azione? Segnò Capello, per la meno gloriosa delle vittorie, e per la più buia delle giornate di calcio. Per questo, abbagliato dal mito, allora li ammirai. Per questo, a distanza di ventisette anni, mi stanno profondamente sulle scatole. Perché potevano essere uno spot per la sportività, ma preferivano di gran lunga essere spocchiosi e antipatici come il loro straordinario capitano, Johan Cruijff. Perciò si sono meritati tutte quelle finali perse, affanculo. E gloria eterna.

13 giugno 2007

il pallone/1

E' ora di fugare ogni residua nebbia della consapevolezza. E' ora di colmare il vuoto dell'ignoranza con il pieno dell'informazione. E' ora di dare una solida base di conoscenza all'istinto irrefrenabile del commissariotecnicismo che ci pervade. Ecco il calcio spiegato ai dummies. Ma chi saranno, poi, sti dummies?
Il pallone è un oggetto sferico che dovrebbe avere un peso predeterminato, ma questo vale soprattutto per l’utilizzatore professionale. La simpatica sfera può avere diversa forma o colore, rimane però generalmente stronza e inaffidabile. Nel senso che quello che i giocatori ci fanno non riesce poi a tutti, ma di questo non si ha percezione mentre si guardano i giocatori farci quello che non ci fanno tutti. Il tifoso che maledice gli antenati di Ventola quando sbaglia un gol probabilmente non sarebbe in grado di colpire efficacemente un pallone, ma il bello del calcio sta proprio nel fatto che tutti possono atteggiarsi a tecnici senza saperne più di tanto. Il pallone ha una sua sensualità. L’avvento delle catene di grande diffusione di articoli sportivi (per non fare nomi, Decathlon) ha portato alcuni soggetti più deboli (vedi il sottoscritto) a sviluppare patologie che si esprimono con versi d’ogni tipo di fronte alle grandi ceste di palloni colorati. Toccarli, stringerli, strofinarseli addosso, annusarli, leccarli le manifestazioni più comuni, espressione di laido abbandono di ogni residua moralità. Ma questa è un’altra storia.

7 giugno 2007

discopatia


Che il mercato dei cd audio sia in crisi (ne parla webgol) è sicuro, basta guardare a quanti sono i negozi di dischi che chiudono. Per le case discografiche una crisi del genere può essere anche un'opportunità, non è detto che le cose debbano andargli male per forza, anzi. Chi compra(va) regolarmente dischi sa che da tanto tempo si parlava di sistemi diversi di magazzino e di distribuzione per i dischi, roba in grado di rivoluzionare il mercato. Poi è arrivato l'mp3 e le cose sono cambiate molto. Il punto che fa soffrire le major di più, secondo me, è la mancanza di controllo del mercato che prima avevano, esercitando la propria egemonia a scapito delle etichette piccole e indipendenti. Ora si produce musica a buon mercato, e c'è un diluvio di musica da ascoltare, ovunque. Materiale di consumo. Difficile l'orientamento, diffile la scrematura delle informazioni, difficile il controllo. Ma non siamo nemmeno a metà del guado, la rivoluzione è appena cominciata.

6 giugno 2007

luis vuitton cap.potto

avanti, miei Prodi


resistete allo senato e annate avanti almeno fino al Sant'Eustachio

pursuit of happiness


all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness

5 giugno 2007

sani e salvi

watch the moon go down


0-4, butta male

Sognando Beckham. O Portanova

C’era una volta la fiera dei sogni. Si aspettava che arrivasse, era all’hotel Gallia, più o meno, o anche da qualche altra parte a Milano e dintorni, c’erano gli stand e il mercato si faceva tutto lì. Partivano le delegazioni delle società, sul posto c’erano i mediatori, più o meno autorizzati, da un certo punto in poi addirittura vietati. Atmosfera a metà tra il mercato delle vacche e la fiera delle illusioni, certo. E discreto turbine di soldi veri, o anche di cartone. Iperboliche quotazioni d’improbabili ronzini, nazionali o esteri, presidenti decisi a comprare persino l’Amalgama, tonitruanti proclami per la stagione a venire e i trionfi prossimi venturi. Adesso il mercato si svolge sui quotidiani, sportivi e non, e nelle radio e nelle tv di calcio, figlie delle biscardiane bombe e del satellite che svela ogni segreto del laterale ecuadoregno e del fluidificante indonesiano. Un’orgia di esperti che al confronto sbiadisce il ricordo dei vecchi direttori sportivi, draghi del mercato di una volta. Altro che Allodi e Sbardella. Giornali come Tuttosport hanno inaugurato l’era della pesca nel mare grande. Si buttano lì decine e decine di nomi, certi di portare qualcosa a casa, fidando nell’oblio del titolone sparato, che viene presto dimenticato in questa età dell’informazione torrenziale e convulsa. Ciascun tifoso può sognare, per lo spazio di un momento: sotto al cuscino il titolo che gli promette l’ennesimo campione, negli occhi il giorno in cui l’agognato traguardo, che sia scudetto o coppa delle grandi orecchie, diventerà realtà. InterJuveMilan la fanno, ovviamente, da padrone. Roma e Fiorentina appresso. La Lazio non è più nel taccuino di chi compone il giochino estivo delle figurine. Non è più acquirente di campioni costosi, non è nemmeno il sicuro scaffale dove prendere, pagando a prezzo salato ma non sempre esageratissimo, campioni di sicuro rendimento. E’ squadra a cui si possono accostare nomi che non fanno il titolone in prima, insomma. Il che rende più difficile ancora l’orientamento: Eto’o, Lampard, Ronaldinho, Sheva e Gilardino accendono i sogni del tifoso delle squadre ricche, ed è curioso notare come si stratifichi, in questo tempo di drammatici contrasti, anche l’aspettativa di felicità dei tifosi, in accordo con le possibilità economiche dei club. Tra un Portanova e un Capone, sognando Beckham.

4 giugno 2007

balconi


A Greve ci sono i balconi, e quanti. Sopra ai portici del mercatale, ma non solo. I vasi grandi dell'Impruneta e i nani nordici che mulinano i piedi sulle bici senza pedali, i gelati gelati, le nane nella greve, le belle scritte d'oro sulle vetrine dei negozi, le russe toscanizzate che dicono "noi stare qui a giro", le case affittate a tanto, pure se sbreccolate e con i prati verdi sotto, a inglesi e a todeschi tutti contenti. Dice la guida del touring che non è proprio Chianti-Chianti, ma adiacente. Mah. C'è la targa che dice che Greve è stata liberata dagli inglesi, che poi l'hanno rioccupata subito. E il gallo nero gigante nel giardino, e il pisellone in fronte al palazzo comunale. La bimba che saluta il tipo sulla moto da cross, e sotto scorre puzzolente l'acqua sulla massicciata. In qualche casa tengono ancora le galline. In giro per giardini facce da Pacciani con le barbe ispide, cicche e ghigne d'immigrati.

dadaiuolo

DADAIUOLO s.m.

0.1 dadaiuoli.
0.2 Da dado.
0.3 A. Pucci, Rime (ed. Corsi), a. 1388 (fior.): 1.
0.4 Att. unica nel corpus.
0.6 D dado.
0.7 1 Chi organizza partite a dadi o in gen. a giochi d'azzardo.
0.8 Vinicio Pacca 29.01.2004.

1 Chi organizza partite a dadi o in gen. a giochi d'azzardo.

[1] A. Pucci, Rime (ed. Corsi), a. 1388 (fior.), 46.44, pag. 872: E sempre quivi ha gran baratteria: / contentanvisi molto e barattieri / perché v'è pien di lor mercatantia, / cioè di prestatori e rigattieri, / tavole di contanti e dadaiuoli, / e d'ogni cosa ch'a lor fa mestieri.

far over


Terra di pescatori e pesciaroli col naso bagnato, casette variopinte, brasileri importati a inscatolar merluzzi e a segnare gol nel campionato, le Far Oer non piacevano granché a Gigi Buffon, e ne aveva ben donde. Gli ci è voluta una bella parata sul carneade di turno per salvare le chiappe ai compagni, guidati dalla fame inestinguibile di Inzaghi e zavorrati dalla pippaggine contingente di Alex del Piero, campione vero. Insomma, non erano proprio le condizioni migliori per fare bella figura, ma cerchiamo di cavarcela sempre con il minimo sforzo, in questi casi, e l'entusiasmo degli avversari ci può castigare. In attesa del secondo cruciale impegno in Lituania, Donadoni si può consolare: al ritorno ha ritrovato penne e taccuini squadernati, e monodomanda. E Totti? Senza invidia, CT...

i zebra


Prova divisa Robur, 2007/2008

1 giugno 2007

l'ingorgo

Non c'è niente di più confortante di quando, beccato l'ingorgo degli ingorghi, si riesce poi a conoscerne il motivo. Il commosso Valterino ringrazia vigili del fuoco, vigili urbani e operatori vari che si sono attivati al meglio per scongiurare l'emergenza. Un incendio in una galleria a ridosso della tangenziale ha prodotto le condizioni-limite che hanno causato il più grande ingorgo che io, in 25 anni di onorata carriera automobilistica, abbia mai affrontato a Roma. Due ore e 35' per fare una decina di chilometri in città, in quello che dovrebbe essere normalmente uno scorrimento veloce. Il problema, però, è che si sapeva tutto da ieri notte, e che si è iniziata la giornata con la tangenziale chiusa e senza nessuna informazione efficace. L'inutile CIS ha detto (ma alle dieci) che c'erano solo problemi, in giro, causati da maltempo, le dannose radio locali alternavano ragli di tizianiferri a rassegne stampa daaroma, e l'unica informazione percepita era quella del Ruggito del Coniglio, il cui conduttore Presta era rimasto anche lui imbottigliato chissà dove e senza sapere perché. L'unico tabellone luminoso incrociato, d'altra parte, parlava delle limitazioni d'accesso all'anello ferroviario, mentre si stava fermi col motore spento, senza poter avanzare né tornare indietro, persi nel buco spaziotemporale di un ingorgo fantasma, del quale si è saputo qualcosa solo a tangenziale riaperta. E Valterino elogia. Certo, le condizioni erano difficili, ma di sicuro qualcuno ha fatto in modo che fossero ancora più difficili. E intanto la gente gnagnerava tra sangiacomi e madonne, promettendosele e forse, da qualche parte, dandosele pure. Scene consuete di sciupìo: quando arrivo il lunedì mattina mi sento come se fossi limatura di ferro che si attacca al corpo freddo di un magnete. C'è questo nastro di auto agglomerate, di là del quale scorre uno scampolo di vita. Il problema è venirne fuori.