30 settembre 2007

Le colonne d'Ercole

C'incontrammo dopo pranzo, presto presto. Era un pomeriggio di mezza stagione, col sole. Eravamo usciti tutti insieme dalla Robert Kennedy, dandoci appuntamento per le due e mezza, ai giardinetti sotto casa che poi erano uno spartitraffico dove c'era solo qualche macchina parcheggiata, tanto che si riusciva a farci qualche partita di calcio di quelle interminabili. Scamarcio era quello più grande, biondastro riccio. Così sembrava, forse per via dell'acne aggressiva. Abitava nel palazzo dove aveva abitato Claudio Baglioni, ogni tanto lo raccontava ma nun ce credeva nessuno. Io ero il più piccoletto, biondo con gli occhi grandi e il giacchettino di lana rossa lavorata ai ferri da mì madre, con la lampo che terminava con un anello con cui giocherellavo sempre. Poi c'era Napo, che il nome già descrive: capelli crespi a nuvola sopra la testa, peluria folta a mò di baffi e barba. Luzi il perticone e Mancini completavano la banda, quelli di sempre o forse no, che ne mancavano tre o quattro. Partimmo alla ventura verso est, facendo rotta sulla Prenestina. Arrivati giù attraversammo al semaforo delle colonne d'ercole, quello dell'incrocione con la Serenissima, grande via in salita che si avventurava verso il tronchetto della Roma-L'Aquila, e oltre verso Pietralata, Casal Bertone eccetera. Salimmo sulla rampa dell'autostrada e passammo sul montarozzo a fianco del guardarail. Poi realizzammo che sul guardarail ce stavano i catadiottri attaccati. Sgheci. Se potevano attaccà sur monopattino, hai da vede che robba. Ma eravamo lì a mani nude, staccarli era un problema. Scamarcio e Napo ce mettevano la tigna, io avevo un paio di scarpe similkickers che manco un carcio fatto bene je potevo dà. E poi ero piccolo. Insomma, pe falla breve, staccarono a calci tre-quattro catadiottri e continuavano. Fino a quando arrivarono i vigili. A regazzì, che state a combinà? Ma nun ve vergognate? Una cazziata terrificante. Era uno alto coi baffi, che a un certo punto s'è girato verso de me e ha fatto: "ma pure te, così piccolo, te metti a fà ste cose? E si stasera passa tù padre e ce s'ammazza co la maghina?". Mì padre nun c'era più da un sacco. Mi vergognai tanto, non me lo sono dimenticato più. Ci lasciarono andare, dopo qualche piagnisteo. Riscendemmo da Casal Bertone, mai vista prima in vita mia. Scarpinammo fino a casa. Un pomeriggio indimenticabile.

27 settembre 2007

autumn leaves



Leggo che a Gaia l'autunno sfuggirà e capisco quello che mi frulla la mattina per la testa, mentre salgo e scendo le dolci colline umide sulla strada che mi porta al lavoro. Ieri era ancora bello, la mattina, poi è arrivato un nuvolone accigliato che era un'avanguardia. Acqua e freddo e vento, appresso, che scuotono la vigna del sauvignon che saluto ogni mattina prima di entrare in ufficio. Sto facendo nuove amicizie: la quercia grande che trovo in passeggiata a hopini, che è stato il mio alleato più prezioso, ripagato a chianti. I vecchini che fanno la corsa con le apette giù per le curve della strada delle Lellere. E' autunno, è bello, e finalmente mi sento a casa. Mi piace perché d'autunno siamo nati, lo stesso giorno. E' la stagione nostra, che parte con le zuppe e i vini rossi e s'avvia sulla strada del sogno. Costa fatica, dire le cose e farle, spostare il proprio confine un passetto più in là ogni giorno che passa. La fatica di mettersi in discussione dall'osso in su, ogni centimetro che si rinnova e prova, nudo, esposto, fragile. Per guadagnarsi una felicità che non cresce sugli alberi, che se ti ostini a cercarla non la trovi. Se ti spacchi dietro alle cose tue, allora, forse. Forse arriva. Come arriva l'autunno con la bambagia al mattino, l'odore di vino e gli scoiattoli che ti passano davanti alla finestra.
Io l'autunno l'ho ritrovato e non mi sfugge più.

25 settembre 2007

parla come mangi

Freghete, sò fatta na matriciana stasera che adasendì che ttemagni!
Mambè, ma che me lo voi mbarà a me?

20 settembre 2007

Post vietato ai minori

troppi curiosi in questo post.

18 settembre 2007

Anxious



Se c'è una cosa che rende ansiosi è il momento in cui si sta per cambiare lavoro. Anche cambiare casa rende ansiosi, e pure cambiare città. Se poi uno fa tutte e tre le cose insieme e ce ne infila un altro paio che non stiamo qui a dirle, esce fuori un quadro... elettrico. Si vaga senza dormire, mangiando poco, sudando molto. Al lavoro è una lotta senza quartiere: il passaggio di consegne in tempi stretti e senza che ci sia un sostituto a cui infliggere incombenze, ma un "pool" di sostituti a cui affidare un pezzetto ciascuno. Il risultato è che si vaga rincorsi da enne persone che sperano che tu riesca a spiegargli bene le cose, anche quelle che hanno continuato a farti fare per anni con la scusa di farsi aiutare. C'è gente che chiama per farsi scompattare un archivio, per masterizzare un cd, per farsi spedire un messaggio di posta e che si comporta come farebbe col tecnico della televisione se ha un malfunzionamento sul pc. Tutta sta gente resta orfana del Malaussene preferito e si dovrà rimboccare le maniche, spedendo i propri tristi messaggi e risolvendo i propri problemini informatici senza poter chiedere aiuto, con la scusa. Insomma, c'era molta umanità in questi finti interventi a risolvere non problemi. Ciò non toglie che la pressione dei colleghi sia terribile, a tre giorni dal decollo.
Ma mancano soltanto tre giorni. Poi ci diamo al vino...

Per fortuna

Il blog di Alessandro Portelli ha ripreso a muoversi.

15 settembre 2007

be stiff


Ascoltavo Dispenser alla radio, ieri sera, mentre arrivavo a Siena. A un certo punto lo speaker (Bozza) mi ha fatto sobbalzare: la Stiff records torna a pubblicare per i trent'anni di attività. Che poi ho verificato e ho scoperto che i trenta erano già compiuti per il ferragosto dello scorso anno, ma che c'importa? Il vecchio Jake Riviera ci ha fatto divertire un sacco, la Stiff pubblicava dischi bellissimi. Per me rimarrà l'etichetta di Elvis Costello, dei Damned e di Nick Lowe. Anche se la storia è complicata. Per brindare, un bel Costello a Top of the Pops che canta Watching de Detectives.


p.s.
girando per il web mi rivengono in mente un sacco di canzoni strepitose etichettate stiff. Ogni tanto ne posterò una...

13 settembre 2007

In viaggio


La migrazione avanza, piano piano. Da quasi quattro anni sposto le cose e accumulo ricordi altrove. Mi sposto verso nord come l'ago di una bussola. Si aprono strade, se ne chiudono altre, si scrivono capitoli nuovi. Adesso stiamo accelerando, cominciamo a completare l'opera. Si avvicina il momento di levare gli ormeggi: qualche giorno ancora. Il rumore, l'odore, il traffico, la gente che si trascina e tutto il resto, lontanissimi. Da quando abbiamo preso questa strada le cose hanno incominciato a correre sempre più veloce. Segno che abbiamo fatto bene. Tra una settimana vado. Mi aspetta un futuro di vino. Dorato, di frutta e fiori, morbido e pulito, tra torri e colline dolci. E' tutto pronto e come sempre quando è tutto pronto il tempo non passa più.

7 settembre 2007

Dietrologia, reprise

Può succedere, eh?, che uno dica semplicemente quello che pensa.


L'importante è capire che è possibile, visto che la gente ha il pessimo vizio di pensare e di parlare, invece di comportarsi come ci aspettiamo che si comporti.

Anche dopo, c'è sempre tempo per capire.

Così facendo s'impara anche a non ritenere che gli altri pensino chissà cosa quando dicono qualcosa. E ci si accorge che niente di quello che accade è inutile, basta trarne il giusto insegnamento...

bgv-day

Giusto cielo, domani è il bgv-day.
Dopo tanto predicare, bg, ci vuole un bel v.
Di cuore.

6 settembre 2007

fusaje e mosciarelle

Me ne andavo da quella Roma puttanona, borghese, fascistoide, da quella Roma del "volemose bene e annamo avanti", da quella Roma delle pizzerie, delle latterie, dei "Sali e Tabacchi", degli "Erbaggi e Frutta", quella Roma dei castagnacci, dei maritozzi con la panna, senza panna, dei mostaccioli e caramelle, dei supplì, dei lupini, delle mosciarelle...


Remotti se ne andava. Nel tempo se ne sono andati Erbaggi, Frutta, Vini e Oli. E a parte i supplì e le caramelle, non ci sono più i maritozzi, né con la panna, né con la crema, né vuoti. Ne ho mangiato un pezzetto la settimana scorsa, di maritozzetto confezionato non so per che marca. Pessimissimo. I castagnacci andavano meno che a Amsterdam nel film di Villaggio. Zero. E sò finiti, non li vedi più. Per tacere dei lupini, aka fusaje, che hanno ripiegato nei supermercati. La domenica mattina uscivo con papà, lui comprava il giornale e i lupini per me e per mia sorella da Giggetto, che intanto è morto, e Remotti ancora non se n'era andato. Le mosciarelle erano una prova. I mostaccioli, poi, li magnava San Francesco, nì. Andrebbe aggiornata, la poesia, ad averci la faccia tosta.

4 settembre 2007

mamma Roma

...
Me ne andavo da quella Roma puttanona, borghese, fascistoide, da quella Roma del "volemose bene e annamo avanti", da quella Roma delle pizzerie, delle latterie, dei "Sali e Tabacchi", degli "Erbaggi e Frutta", quella Roma dei castagnacci, dei maritozzi con la panna, senza panna, dei mostaccioli e caramelle, dei supplì, dei lupini, delle mosciarelle...
Me ne andavo da quella Roma dei pizzicaroli, dei portieri, dei casini, delle approssimazioni, degli imbrogli, degli appuntamenti ai quali non si arriva mai puntuali, dei pagamenti che non vengono effettuati, quella Roma degli uffici postali e dell’anagrafe, quella Roma dei funzionari dei ministeri, degli impiegati, dei bancari, quella Roma dove le domande erano sempre già chiuse, dove ci voleva una raccomandazione...
Me ne andavo da quella Roma dei pisciatoi, dei vespasiani, delle fontanelle, degli ex-voto, della Circolare Destra, della Circolare Sinistra, del Vaticano, delle mille chiese, delle cattedrali fuori le mura, dentro le mura, quella Roma delle suore, dei frati, dei preti, dei gatti...
Me ne andavo da quella Roma degli attici con la vista, la Roma di piazza Bologna, dei Parioli, di via Veneto, di via Gregoriana, quella dannunziana, quella barocca, quella eterna, quella imperiale, quella vecchia, quella stravecchia, quella turistica, quella di giorno, quella di notte, quella dell’orchestrina a piazza Esedra, la Roma fascista di Piacentini...
Me ne andavo da quella Roma che ci invidiano tutti, la Roma caput mundi, del Colosseo, dei Fori Imperiali, di Piazza Venezia, dell’Altare della Patria, dell'Università di Roma, quella Roma sempre con il sole – estate e inverno – quella Roma che è meglio di Milano...
Me ne andavo da quella Roma dove la gente pisciava per le strade, quella Roma fetente, impiegatizia, dei mezzi litri, della coda alla vaccinara, quella Roma dei ricchi bottegai: quella Roma dei Gucci, dei Ianetti, dei Ventrella, dei Bulgari, dei Schostal, delle Sorelle Adamoli, di Carmignani, di Avenia, quella Roma dove non c’è lavoro, dove non c’è una lira, quella Roma del "core de Roma"...
Me ne andavo da quella Roma del Monte di Pietà, della Banca Commerciale Italiana, di Campo de’ Fiori, di piazza Navona, di piazza Farnese, quella Roma dei "che c’hai una sigaretta?", "imprestami cento lire", quella Roma del Coni, del Concorso Ippico, quella Roma del Foro che portava e porta ancora il nome di Mussolini, Me ne andavo da quella Roma di merda! Mamma Roma: Addio!

3 settembre 2007

E poi

Arriva il momento che svolti.