11 luglio 2008

Estatiè


C'è un buco nero che si porta via il tempo, in quest'estate che si sta da schifo ad ascoltare il vento che ti canzona. Ho attraversato mezza Italia e mi sono sentito libero, ma torno a girare in tondo con quattro altri sfigati come me e mastico un po' amaro. Eppure la stagione prometterebbe vacanze e profumi. Arriverà agosto coi suoi cavalli e noi ce ne andremo altrove, magari all'Uccellina, visto che la Camargue la inquinano e al norte ci face freddo, la Tùrchia è più lontana di quanto non si possa andare e Roma comunque non avrà se non per poco di che arroventarci i calcagni. Mi agrappo agli stipiti per rallentare e mi deformo per la decelerazione. Venti giorni serviranno a far posare la polvere e ad aspettare che si faccia chiaro. E nel frattempo, si avanza a scrosci, trabocchi, ansiti e madonne. Protrusi ma felici.

4 luglio 2008

Ahò, che fichi

Allora annassimo alla sala corse quella der casino all’avignonesi, mpò più in là der messaggero. C’era st’amico ch’aveva risparambiato dù scudi e je dicevamo giochete sto cavallo bono, che er cognato der fattorino dell’atacche quello chii capelli panonti, caa sgrima e co tutta a forfora sur giacchetto, che bazzicava er genero der monnezzaro, aveva inteso che sto cavallo dice che era bono, sicuro. Ahò, che te credi che ciannavamo tutti i giorni a giocà a li cavalli? Ma che cazzo stai a dì, ma si nun c’avevamo na lira pe piagne, che a pora mamma passava e giornate sane a riccoje la cicoria ar pratone! Solo che ar pratone ce stava pure la banda de spugnetta, che sì te beccaveno da solo erano cazzi. Minimo minimo te corevano appresso e te toccava fa a botte, si ciavevi li sordi peggio che annà de notte. Eppoi che sordi ce potevamo avé? Già era tanto che magnavamo pasta e patate… Comunque si nun te facevi cioccà te potevi annà a riccoje la frutta in der giardino dee monache. Mortacci loro a robba che ciavevano! E bricocole! E cerase, ma quelle toste, no e visciole, li graffioni! Ammazza quant’ereno boni! E e persiche? Squisite! Na vorta ciavevo na fame che ncevedevo e me so magnato le cocce dee fave ppputo che SCHIFO! Ar sor Amilcare, invece, je piaceveno, see magnava co tutte e cocce. Pure i cachì che allappavano se magnava. A me me facevano venì na sete che pareva che m’ero magnato le sarache. Ansomma, pedditte annassimo all’avignonesi. Semo arivati aa stazzione termini cor C1, se semo comprati le fusaje da giggetto prima de partì a piazza dii mirti, poi quer cojone de Arvaro ha voluto pià er tranvetto e allora se semo separati. Comunque er cartoccetto de fusaje io moo sò magnato tutto, ancora n’eravamo arivati aa maranella e già l’avevo finite tutte. Er ciccione invece se magnava li bruscolini, ammazzelo che schifo! Aveva smonnezzato tutto er tranve, er fattorino je fa a maschio, l’animella tua, ma che a casa tua fai ste porcherie? E che sarebbe? Hai zozzato tutto, ammappete, io o farebbe aripulì a tù madre, anvedi. Allora l’avemo preso per culo daa stazzione fino a e lazziali, poi quanno che è arivato Arvaro cor tranvetto j’avemo fatto la stira, a sto frocione, così s’empara a fa le cose pe li cazzi sua senza fa a mezzi coll’amichi, sto cicero. Dopo semo iti a fasse na passeggiata a via nazzionale, avemo cioccato un po’ de stragnere ce n’ereno de tutti i colori bionne more rosce ricce lisce buzzicone scrocchie zinnone o che c’era passato San Giuseppe caa pialla. Adavede che robba! A n’americana j’ho detto dammenbacio, lelletta. Quella me s’è messa a ride, allora Arvaro che è nvidioso me s’è messo de mezzo, sto scrauso, che me piava per culo che ero diventato rosso. M’è annato er sangue all’occhi, mannaggia er tumefatto, j’ho dato un destro. Ahò, secco, li mortacci mia. E’ cascato come na pera. Ciaveva er sangue e la bava e pure l’occhi abbottati. Io me so messo paura, poi quando ho visto che aveva rifatto j’ho detto a strombolo, si ciariprovi t’apro er cuore.

Poi è ita a fenì che er cavallo n’è arivato, a dritta era na sola, evvai così. Io già m’ero scaciottato…

1 luglio 2008

al galoppo

Tempo grave. La città è distratta dal Palio e non pensa a noi. Giorni fa c'erano i dervisci mevlevi di Al Ghuri che, sventolando le gonne, tentavano di raffrescare l'aria, ma niente. Anzi qualcuno se l'è addirittura presa, perché il volteggio durava troppo ed era irrispettoso dei tempi sacri, quelli che una canzone dura tre minuti, una partita quarantacinque a tempo, una trombata insomma dipende e una giornata di lavoro fanno otto ore. Dipende, dice che da certe parti si arriva a undici, e col gatto a nove code. Anche qui, questione di punti di vista: chi spreme dice che così si sposa l'azienda, chi è spremuto dice limortaccisua. Tra un giro e l'altro nello spremiagrumi sfoglio un decreto legge pubblicato martedì che rivolta il paese come un calzino. E' il decisionismo, baby. Un gesto illuminato, che comincia con l'andare verso e finisce in gloria, basta averci la comunicazione a favore. Io la comunicazione non ce l'ho più, perché dentro alla centrifuga i giornali non arrivano. I feed sono i gangli che mi tengono in vita. Aspirandone la sostanza scopro che torna blogbabel, che non è bigbabol ma solo il luogo dove i compagnucci delle tante parrocchiette possono ruzzare un po', infastidendo chi si fa il mazzo per regalare servizi a giro. Non c'è rispetto per chi si fa il mazzo (just a little bit/just a little bit, farebbero le coriste in sottofondo). Nel frattempo noi abbiamo riscritto alcune regole, ci siamo immersi in mare col fuso orario dell'east coast, abbiamo mangiato trippe, capocolli, salmoni e lamponi, stropicciato gatti e ribadito promesse d'eternità. Il lavoro rende liberi, ma a che serve se poi il Palio lo vince l'Istrice?

24 giugno 2008

paura

(facendo il verso a carver)

paura dell'ansia.
paura del vicolo buio.
paura delle curve a sinistra.
paura del cane che mi salta sulle gambe.
paura di cadere saltando gli ostacoli.
paura quando freno in bici e vedo la strada scorrere sotto.
paura se sento frusciare nell'erba.
paura di finire i soldi.
paura col temporale, non sempre, non più.
paura di farsi male, soprattutto con le parole.
paura che il passato ritorni, com'era.
paura di Giancarlo.
paura che il futuro riporti al passato, o che.
paura di svegliarmi che non ci sei.
paura di andarmene dopo.
paura dell'ombra per le scale.
paura di non essere capito.
paura di sentirmi in colpa.
paura che non c'è.
paura della morte.
paura che non c'è.
l'ho già detta.

23 giugno 2008

Evviva!


sono tornate le personcine

19 giugno 2008

light up your tuna salad

Salii in macchina e mi misi più comodo che potevo. Stappai una bottiglia dal six pack di acqua francese da un euro. Buttai giù una lunga sorsata, poi incominciai a scartare il ciaccino sintetico fatto in comode strisce facili da staccare. Aprii la scatola di tuna salad (light). Dentro c'era una morbida crema rosa su cui galleggiava qualche cappero e qualche pezzo di cetriolo. Il profumo era sublime: c'era l'aceto. E poi ce n'era tanta: 250 grammi. Slurp.
Affondai nella crema la prima striscia di ciaccino. La ritirai fuori e me la misi in bocca, assaporando un gustoso boccone di quella pappa prelibata. Masticai soddisfatto, interrompendo la lettura degli squisiti ingredienti dell'insalata per buttare giù un'altra sorsata di limpida acqua francese. Attaccai la seconda striscia, mentre il vento cercava un varco tra le macchine parcheggiate e il cantiere dall'altra parte della strada, e un crocchio di natasce combatteva con la gettoniera dei carrelli. Brindai ai loro occhi celesti stappando la seconda bottiglia del six pack di acqua francese. Chiusi gli occhi, e pensai a Parigi.
(da colazione da Lidl)

18 giugno 2008

Rock in ritardo

Internazionale ha pubblicato un bell'articolo che racconta come Huey Lewis sia un musicista molto amato dai disabili. L'articolo è pieno di delicatezza e di profonda competenza, come sottolinea l'ottimo Mandu di Special Crabs Overlimits, che l'ha messo on line sul suo blog cestistico, facendomi un gran favore, perché volevo postarlo a mia volta. L'ha scritto Katy St.Clair, del san Francisco Weekly. Bello.

17 giugno 2008

cose d'apaz

Come ogni volta si commemora. E stavolta fanno vent'anni. Io però vorrei ricordarmi di me alle prese con i suoi disegni. Perché poi un artista che hai seguito te lo ricordi non perché ti ricordi di lui, ma perché ti ricordi di te che osservi le cose fatte da lui. Nel tempo. Io disegnavo. Quando lo scoprii mi si aprì un mondo, avrò avuto 15 anni e sapevo tenere discretamente la matita in mano. Iniziai a copiare sistematicamente le cose che disegnava lui. Cioè, a introdurre dei particolari ripresi dai suoi disegni, un'ombra, un tratto, un modo di rappresentare qualcosa. Bocche, occhi, denti, mani, piedi, posture. Ho imparato da lui a disegnare i genitali maschili in un certo modo e li ho rifatti in mille vignettine dedicate agli amici. I piedi, un buffo modo di lavorarli a partire dall'alluce. Il modo di distribuire la peluria e di disegnare le gambe in azione. C'era quel tratto sghembo, quel senso d'abbozzo, di uscito-da-quaderno che non avevi come modello a disposizione se ti mettevi a ridisegnare topolino, o i fumetti marvel, o i peanuts, o mafaldita o non so che. Era un far viaggiare la matita fuori dagli schemi, mettersi a schizzare personecoseanimali e a scriverci sopra improvvisando sketch di lettering, riempiendo gli spazi vuoti, andando a inventare forme diverse di rappresentare il fumetto (la nuvoletta, intendo). Poi uno cresce e smette pure di disegnare, ma come si può dimenticare tutto quel lavoro di fantasia? A me Paz mi ha fatto crescere, in un certo senso. Cioè, sono cresciuto leggendo lui e ridisegnandomelo. Mi manca lui, ma soprattutto mi manco io. Quell'io che sapeva aggrapparsi a una matita, perché il tempo era ancora tutto di là da venire. Per Andrea non ce n'era tanto, ma non ne ha sprecato un secondo. Almeno questo.

15 giugno 2008

Perché ci vuole orecchio

A un certo punto arrivò. non so da dove. Era verde e aveva una custodia di finta pelle che ne lasciava fuori un pezzo, con l'occhio per regolare le frequenze. Era una radiolina di non so che marca, bene inestimabile e prezioso, magico oggetto che rimbalzava la radiocronaca del secondo tempo delle partite e ci potevi camminare come se fossi grande, tenendola attaccata all'orecchio. Avevamo una radio elettrica, a casa, che era bianca, tutta abbombata, con le frequenze dipinte in oro. I nomi di tutte quelle località esotiche. Mio padre chino sulla schedina con l'orecchio proteso verso quella radio è un'immagine nitidissima ancora oggi. L'altra radio era più moderna, e anche molto meno bella. Aveva una custodia di finto cuoio tutta grattata e mia madre la ascoltava sempre. Mi ricordo la domenica mattina col Gran Varietà dove c'era Walter Chiari, la Corrida di Corrado, Non so che con Delia Scala, e Hit Parade con i Beatles, Gilbert O'Sullivan, Angie degli Stones, Mind Games di John Lennon, Hurricane di Bob Dylan che già facevo le medie. L'orecchio era teso a cogliere il corpo del suono che era esile e sfuggiva, ma portava cose di inestimabile valore. Erano scoperte, erano segni che scandivano la giornata. Mia nonna ascoltava un programma di musica popolare che andava la sera, saranno state le sei, le sette, non so. C'erano tutte queste canzoni, la Calabrisella, lu Cardillo. Me le ricordo ancora, come fosse ieri. Ho iniziato lì, forse, ad avere la mania per le cose che si dicono e si cantano in tutti i posti, quelle del posto, intendo, che mi sembrano sempre straordinariamente belle. Mi accorgo che a scriverne si aprono strade a non finire, e così era anche allora. Partivano tutte dall'orecchio e si liberavano, sfavillando, in tutte le direzioni. Benedetta quella radiolina.

13 giugno 2008

peaches

Sono caduto dentro ai colori della frutta, al banco del supermercato. Erano le otto e fuori pioveva da matti. Non sembrava giugno. Non sembrava neanche lavoro, se si stava lì a girare e a girare fino a notte, a passare quelle dodici ore forzate e interminabili. Poi, la frutta. C'erano i peperoni rossi e le pesche gialle. Le fragole erano muffe, alcune. Le banane, verdi. Ho alzato gli occhi e ho visto un mio collega che era lì anche lui per comprare qualcosa di corsa. Bisogna adattarsi, mi ha detto. Ho annuito e ho messo nel cestino delle pesche noci. Le mangio la sera quando sto qui che leggo e scrivo. Con la buccia. A morsi.

11 giugno 2008

Te recuerdo

Le strade tortuose di internet mi hanno riportato in contatto con amici che non sentivo da moltissimo tempo. Fa impressione parlare di nuovo con persone con cui si è divisa la giornata per anni, ma di cui non si sa più un accidente da tanto. A un certo punto zac, ti butti in un canalone che prende un'altra strada e il paesaggio ti sfila via di lato, non riesci più, neanche volendo, a rimanerci in contatto. Mi colpisce soprattutto la differenza di sintonia: mi è capitato in diverse occasioni di dire cose che non sono state recepite, come se non le avessi dette. Cose che in qualche modo riguardano le modalità di questo perdersi di vista. Sono persone a cui voglio bene, ma che sono diventate completamente estranee, sotto un certo aspetto. Eppure ne ho ricordi vividi, e quanti, per un lungo segmento di tempo. Dieci-quindici anni. Più netti di qualche amore rimosso. E' bello riguardarseli uno a uno.

5 giugno 2008

Frida

Abbiamo una gattina. L'abbiamo presa l'altro giorno da un tizio vicino a Sovicille. Il quarto gatto della vita mia, dopo i due d'infanzia e Alice che è rimasta a Roma. L'abbiamo chiamata Frida pensando a Sanseverino. Lei è piccolissima (sette etti), mangia tutto (riso, pollo, tonno, latte, formaggio, croccantini, diti, nasi, recchie, tappeti, fili, eccetera) ha imparato al volo tutte le cosette che doveva imparare e via. Sta correndo avanti e indietro per il soggiorno da quasi due ore, mi sa che nella pappa di stasera c'era qualche roba di quelle che prendono i ciclisti. Adesso si è fermata sulla mia spalla e mi guarda mentre picchio le dita sulla tastiera. Non se l'immagina, che scrivo di lei. La porto a nanna.

29 maggio 2008

Ubaldo

Ubaldo teneva le unghie lunghe e si pettinava con la scriminatura a destra, anche se non aveva più capelli nella zona in cui gli sarebbero serviti per farsi una riga decente. Non era, questa, una buona ragione per non farlo. Usava un talco che si mescolava al suo odore e finiva per avvicinarsi al lezzo di un che di fritto. Portava sempre delle camicie stirate impeccabilmente, con l'ultimo bottone aperto. Se la camicia era una button down andavano rigorosamente slacciati i bottoncini del collo. Indossava sempre pantaloni di cotone blu o chiari. Quando doveva presentarsi in modo più elegante si metteva quelli del vestito buono, un frescolana grigio scuro, con sotto i mocassini comodi e un po' sformati, che ne tradivano la pianta larga. Da piccolo plantigrado era anche la peluria: irsutissimo, Ubaldo aveva peli ovunque, persino sul dorso della mano e sulle orecchie. Questo rendeva drammatici, talvolta, i suoi problemi di traspirazione, ma per lui la cosa non era importante. L'avvento dello stick deodorante da usare sotto le ascelle lo aveva lasciato indifferente. Al tempo svernava all'istituto tecnico, doveva formarsi e non aveva tempo da perdere con queste frivolezze. Ubaldo portava occhiali spessi, era appassionato di motori e aveva un'ossessione vera e propria per le linee esatte. Non sopportava di vedere oggetti fuori posto, nel senso geometrico del termine. Nel contempo, era incapace di usare i colori coordinandoli al meglio: il cozzo cromatico era una delle sue specialità, come le giacchette bianche e l'infinita serie di tic che sciorinava nei soliloqui scanditi dall'oscillazione ritmata dell'intero corpo. In queste circostanze Ubaldo somigliava a un topone che se ne stava eretto a concionare, col suo linguaggio asfittico e contorto. Era cattivo. Odiava qualunque manifestazione politicamente corretta e passava il tempo a guardare il culo a tutte le donne che incrociava.

ebenezer

Ebenezer ama alzarsi presto, la mattina. Alle cinque, caschi il mondo, è già in piedi a lavare la macchina. Cioè, una delle sue macchine. Poi va a curarsi la campagna, seguito dalle gatte che gnaolano e si strusciano. Le lascia fare: ha sempre amato sentirsi lisciare, da umani o da felini che differenza fa? Meglio i felini, direbbe lui, visto che gli umani sono smidollati senza ritegno, da tenere stretti nel pugno e da piegare alla propria volontà. Quel pugno che, diceva quello, può essere ferro e può essere piuma. Lo sa bene il malcapitato che quei pugni li ha assaggiati, e quanti ne ha stesi, il vecchio Ebe! Da quando a undici anni ne sdraiò un paio, a scuola, che sembrava avessero venticinque anni. Sbèm. Un cazzottone nei coglioni, ché chi mena per primo mena due volte, e tanti saluti a quelli che provavano a fare i nonni. "I calci io non li prendo. Li do". Questo era Ebe, fin dai primi passi.

27 maggio 2008

nessuno pensa al tempo

Il tempo fa la differenza. Lo sa bene chi se ne appropria, del tempo degli altri. E c'è tempo e tempo. Un'ora passata come si deve ne vale cento sprecate senza che ci si costruisca niente di buono. Dovremmo poterlo vendere bene, il nostro tempo. Perché a usarlo bene si può essere felici. E non è usato bene, forse, il tempo venduto a qualcuno perché ci si arricchisca lui e solo lui. Non è solo il tempo passato con chi si ama, quello speso bene. E' anche quello speso per migliorarsi e per stare meglio con se stessi. Quelli che comprano il nostro tempo pensano di poterne disporre a piacimento. Almeno alcuni che conosco. Pensano che comprando il tempo di una persona se ne possa disporre da padroni. Non del tempo. Della persona. E' triste solo a pensarci, ma chi fa così è incapace di concepire la felicità. Perché quel tempo comprato e rivendicato con la voce grossa è sottratto alla vita delle persone, se si fa in modo che quello non sia un tempo di crescita, ma solo di semplice e atroce sottomissione. I meccanismi che entrano in gioco sono delicati e pericolosi: spesso chi entra in un modo così violento e invasivo nella vita degli altri ne ottiene l'attenzione esclusiva e ne paralizza in qualche modo la volontà. Bisogna sapersi sottrarre e non è facile. In pochi ci riescono. Questo spiega alcune cose sull'Italia, per dire. Ma non solo.

Respirare

Quello col tempo è un braccio di ferro continuo. Uno trova il modo di recuperarlo e lo riperde, poi, con gli interessi. Si rende libero dal lavoro e incontra il lavoro che rende liberi. Un lager metaforico, per fortuna. Ma anche no. Bisogna trovarci dentro il percorso giusto, perché poi queste cose servono sempre. A trovare il modo di uscirne, ma anche a imparare l'assiduità, la capacità di fare qualcosa meglio che si può isolandosi dal resto e tutto il solito pacchetto di cose che fanno di un lavoro una scuola. Certo, però, che lavorare stanca...

23 maggio 2008

paura

quando hai tanta paura, va bene tutto quello che te la fa passare (cit.)

30 aprile 2008

Doppio brodo e passa la paura

Fare il brodo è facile. Non ci vuole niente. Io piazzo un mare di roba in una pentola (un pezzo di manzo, delle ossa con un po' di nervetti e il midollo, una cipolla piccola, un porro, una carota, un paio di coste di sedano, qualche grano di pepe, qualche chiodo di garofano) la copro d'acqua e la lascio borbottare lì un paio d'ore. A parte i dieci minuti che ci vogliono per preparare la roba, la fatica è tutta qui. Mi piace forte, poi ci faccio i tortellini o il risotto. Stasera, per smaltire le delusioni degli ultimi giorni, abbiamo preparato una cena un po' demodé, ma cazzarola: terrine de lièvre su tartine, brodo de manzo chii tortellini alla chianina (insomma, credevo meglio, il tortello, ma il brodo era ottimo) e poi lesso con le salse e le patate, un bello chardonnay fresco fresco, fragole, gelato, moscadello e ciao. Che vuoi farci? Niente TV, che è tutta una faccia a culo, tra quelli tronfi che hanno vinto e quelli livorosi che hanno perso. Poi lasciamo perdere le ghigne elette alle cariche istituzionali. Il Chelsea per di più mi batte il Liverpool che è l'unica squadra per cui avrei tifato un pochetto, insomma, non c'è gusto. Per giunta ero talmente impicciato al lavoro che non ho potuto sbirciare le dichiarazioni dei redditi e mi sono accorto della cosa solo quando era tornata off-limits. Stasera ho scoperto che Grillo se l'è presa, forse non voleva si sapesse del fottìo di soldi che guadagna, e che i fedeli l'hanno un po' beccato. Tutti i falsi profeti fanno una brutta fine, non c'è da meravigliarsi e infatti. Intanto a Roma parte la tolleranza zero di Alemanno, ma dall'Ara Pacis. La prendiamo alla lontana, via. Mi aspetto i primi editoriali critici piovere sul nuovo sindaco: per ora ne ho letti soltanto di trionfali. Sarà che per abitudine e affetto ancora leggo Epolis.

27 aprile 2008

Il formicaio atlantide

Ero seduto sul muretto di tufi sul fianco del cimitero. Faceva caldo e stavamo lì ad aspettare che arrivasse il funerale, col vento che ci soffiava addosso per dispetto, anche se, ripeto, faceva caldo. Una coppia di cipressi guardava dentro al camposanto. Uno era bello sano, con la chioma florida, pizzuto pizzuto e portava la bandiera dell'orgoglio dei cipressi, alberi che da sempre difendono i cimiteri. L'altro era pelato, almeno per tre quarti. Guardava dentro e sembrava dire ecco, io volevo essere piantato in Val D'Orcia o nel vialetto di qualche villa di qua, sul Chianti, o nelle crete. Io non volevo fare l'albero pizzuto come quasi tutti i cipressi, che poi ci fa il nido qualche civetta e tutti si grattano i coglioni quando ci passano sotto. Volevo fare da margine in un parco, con gli scoiattoli che mi balzano sopra e invece sto qua a guardarmi i morti, e tutte le persone che vengono qua a trovare i morti, e manco stessimo a Spoon River, che almeno senti quello che hanno da dirsi. Vita dura per i cipressi. Accanto a me, a due-tre passi, per terra, c'era il mucchietto di terra smossa di un formicaio. Doveva esserci una pausa di lavoro, o forse si festeggiava il 25 aprile. Tutto taceva, solo una formichina caracollava lì vicino, e a quattro-cinque metri c'erano altri tre-quattro mucchietti di terra che erano formicai limitrofi, o che. Forse sottoterra brulicavano formiche come sulla tangenziale, formiche che andavano a prendere i formichini a scuola, formiche che lavoravano duro a sminuzzare molliche, bucce, robe buone dalla terra grassa accanto al cimitero. La strada era a un passo. Dalla strada arrivava un vecchio sallucchione con l'aria un po' sonnacchiosa, che ciondolava pigro, in attesa pure lui del corteo funebre del povero vicino di casa defunto all'improvviso. Ciondolando ciondolando spiattellava completamente il montarozzino delle formiche. Alcune, tre o quattro, si precipitavano all'esterno, altre perivano all'interno come in un cataclisma atlantideo. Magari lo ricorderanno per generazioni, contando i giorni passati dalla grande acciaccata. Il vecchio, intanto, spariva dietro l'angolo che portava all'entrata sul retro. E il vento continuava a soffiare.

25 aprile 2008

Passeggiando a Montemaggio

Sembra ci sia ancora qualcuno che spende una giornata di festa per andarsene in un luogo della memoria. C'era un bel po' di gente a spasso a Montemaggio. Vecchini con gli occhi lucidi sul luogo dell'eccidio o davanti alla casa dove vennero catturati i partigiani, ragazzini che facevano picnic, un giovane sindaco che già una volta ebbe a stupirmi, telefonandomi cinque minuti dopo che gli avevo mandato una e-mail per chiedergli un'informazione, senza nemmeno sapere chi fossi e senza che si stesse per votare. Insomma, ci sarà per tanti anni ancora qualcuno che il 25 aprile si alza dal letto ed esce di casa per andare in un luogo di questi e fare un gesto che non è nemmeno simbolico, ma di semplice ricongiunzione con le proprie radici e la propria memoria. Io mi ricordo che mia madre, quando ero piccolo, cantava sempre bella ciao, e non era di certo comunista. Per lei, semplicemente, i partigiani erano i buoni. Quando finì la guerra aveva tredici anni, ancora oggi me lo racconta, e io le credo oggi come allora. Qualche volta gli è sfuggito anche, nella sua semplicità, che quello avesse fatto delle cose buone. Altre volte ci ha cantato canzoncine che gli insegnavano da piccola a scuola, roba che poi scoprimmo fascista. La memoria della gente semplice non funziona con gli occhiali dell'ideologia, ma funziona. Di gente semplice era pieno, oggi, a Montemaggio.

Essere e non

Siamo ancora divisi, quasi 65 anni dopo. C'è chi inneggia alla resistenza e chi no, ma quello che tutti sappiamo, in fondo, è che si tratta di cose che non sono alla portata di una reale comprensione. Perché si trattava di scegliere di rischiare la vita per gli altri, per tutti gli altri. Che non è una scelta facile da prendere seduti, con le gambe sotto al tavolino, al caldo e col conforto di lavoro, amici, amore, eccetera. Allora bisognava spendersi per la libertà e non era cosa da tutti. E non tutti quelli che si spesero ebbero poi onori, ricompense, responsabilità. Molti cedettero il passo a chi non seppe lottare, ma risalì la fila riqualificandosi, inventandosi un passato di lotta e di coraggio. Tutti, c'erano, su quelle montagne. Dove in realtà erano pochi e soffrivano e rischiavano la pelle anche per gli altri. Così ci dividiamo tra la memoria "facile" e quella inesistente, senza ricordare che si tratta di gesti fatti rischiando il sangue proprio. Cosa che non è da tutti, ma solo di chi riesce a prendere le armi contro il proprio mare di guai. Non tutti sanno farlo, non tutti hanno saputo farlo.

Mauro Capecchi, sì. A lui, di cui ho avuto l'onore di conoscere la moglie e i figli, dedico questo piccolo pensiero.

23 aprile 2008

tarabaralla

ta|ra|ba|ràl|la
avv.
RE tosc.
1 pressapoco, su per giù: disterà 25 o 30 km, t.
2 in un modo o nell’altro: t. me la caverò
3 poco male, pazienza
Varianti: tarabara


demauroparavia.it

17 aprile 2008

"El Charro" Moreno


Qualcuno crede ancora che gli scrittori come il povero Osvaldo Soriano avessero una capacità d'immaginazione incredibile. Basta leggersi la storia del "Gato" Diaz e del rigore più lungo del mondo. Ma Soriano e altri come lui hanno attinto a piene mani alla leggenda del calcio, abbeverandosi direttamente alla fonte. C'è stato un tempo in cui il calcio era dominato dalla "Maquina", il River Plate che distruggeva qualunque avversario. El Charro Moreno faceva parte di quella squadra leggendaria. Era l'attaccante che si allenava ballando il tango e tirava tardi nella notte assassina di Buenos Aires, lui che era nato nella Boca ma aveva trovato la sua fortuna al River dopo che il Boca lo aveva scartato. Una volta disse: "El tango es el mejor entrenamiento: llevás el ritmo, lo cambiás en una corrida, manejás todos los perfiles, hacés trabajo de cintura y de piernas".
Dribblava terzini e puntava diritto alle signore. Segnando gol a grappoli, al suono di una milonga.

16 aprile 2008

post

Vanno riviste un bel po' di cose, dopo questo risultato dirompente.
Per esempio, sul tema della solidarietà. O della coesione tra gruppi che popolano lo stesso strato sociale. E tra individui che compongono un gruppo singolo. Sarebbe bello capire se esiste ancora e nel caso se può continuare a esistere un minimo di visione collettiva dei problemi del paese che crei i presupposti per una condivisione. A parte, ovviamente, gli interessi corporativi.

12 aprile 2008

Al voto, al voto

Ho chiamato avvedutamente la delegazione ACI e il Touring Club, dove mi hanno gentilmente rassicurato sui possibili ostacoli che malauguratamente possono trovarsi lungo il percorso autostradale che collega la città piccola ma storicamente conosciuta dove risiedo, ubicata al centro di un percorso storicamente frequentato da carovane mediamente assai numerose dirette alla città eterna. Poi ho fatto controllare prudentemente la pressione delle gomme alla stazione di servizio e ho ricalcolato numerose volte la tabella di marcia per essere certo di arrivare ottimizzando tempi di percorrenza e utilizzi di carburante. Viaggiando con l'umidità mediamente ideale e al limite col vento favorevole, anche in previsione del trambusto che solitamente affligge la capitale che resta una gran bella città ma detto tra noi alle volte mette duramente alla prova la resistenza del nostro sistema nervoso centrale, dovremmo arrivare in un orario che ci consenta di ottemperare ai nostri doveri di cittadini e poi di concederci alle gioie dell'abbraccio familiare, al limite anche procedendo alla degustazione della fettuccina materna che mediamente supera il livello standard cui mediamente si colloca la ristorazione dell'Italia centrale, a prescindere da qualche realtà locale splendidamente all'avanguardia in fatto di cucina tipica.

10 aprile 2008

shorts


Non riesco proprio ad appassionarmi ai motori. Nada de nada. Guido la macchina ma non ne capisco un'acca, non conduco motocicli o motocarrozzette e in bici non sono proprio Moser. Ma la bici col motore c'entra poco, a parte il fatto che i ciclisti ci hanno il motore a uranio poverino. Al lavoro stanno tutti sempre a trafficare tra formule uno e valentini rossi e moto ducati e che, e io niente. Purché non lo sappia il capo... Ieri sera ho visto Veltroni da Vespa, ma a un certo punto, cazzarola, mi ha steso. Era l'una e mezza, diobono, aveva ciarlato a Napoli il giorno e stava lì che parevano le otto di mattina... non so che roba prenda ma la voglio pure io. Intanto Mutu sdogana la Fiorentina in Europa e io sono contento per Bellacci. L'uccello del dubbio prende corpo: trattavasi di storno, qui molto elegante nella sua mise pindricchiata. Uccello malinconico e solitario, preso di petto dal pettirosso nano e coatto che cerca di sloggiarlo. Noi mettiamo briciole per tutti, aspettando domenica.

9 aprile 2008

corte

Sembra che la mamma di Leonardo da Vinci facesse la schiava e che il poro Leo avesse ventuno fratelli. Mah. Se è per questo dice (Dell'Utri) che Mangano era un eroe, a suo modo. E allora i giudici morti? I giudici sò matti, dice Berlusconi. Come Bossi? No, macché, Bossi scherza, parla per slogan, che vuoi che imbracci i fucili davvero? I fucili li imbracciava tronfio Charlton Heston, che a fare Mosè gli era presa la megalomania e anche se l'altro giorno è morto di vecchiaia era sempre un bel po' stronzo. Nessuno l'aveva visto in Bowling a Columbine? Valterino si è scomposto e sta chiudendo a forza di allucchi contro gli strattoni della controparte, ma ormai ci siamo e mi sta prendendo la curiosità. Come finirà? Silvio dice che se Napolitano muore o si dimette lui regala una camera all'opposizione. Class is not water. Io voterò a Roma per l'ultima volta, dalla prossima, piccone in mano, ingrosserò le fila della regione che è il buco della democrazia. O un buco con la democrazia intorno, non so bene, m'informerò.

sogni mostruosamente proibiti

Strepitosa giocata di mexes
ci stiamo accreditando
sul piano dell'agilità siamo superiori
questo e molto altro non dalla cronaca "di parte" di un canale a pagamento, ma dal solito romaclub interno alla RAI, che aveva incominciato con la Sanipoli che commentava la "grande notizia" dell'assenza di Rooney e Ronaldo, tenuti a riposo insieme a Evra e a Scholes da un Ferguson affatto preoccupato per la qualificazione.
Le sconfitte della roma, anche in contesti prestigiosi come questo, hanno sempre un sacco di responsabili extracampo: l'assortimento di nani e ballerine che, incapaci di qualcunque vergogna, rimpiangevano l'assenza der capetano contro chi non ha ritenuto neanche necessario sprecare le migliori energie per passare un turno scontato.
Un bel gol di Tevez e una lunga teoria di pallegol, a fronte di un rigore sbagliato.
Onore al merito di chi si è conquistato un posto in una recita importante, ma per noi sono solo le solite matte risate, sorry

6 aprile 2008

briefs

Air action vigorsol fa scoreggiare, vero. Ma quello che doppia la pubblicità dice chiaramente erection, e la cosa introduce una deriva viagrante. Presto ci sarà l'orso che fa prot mentre ciula. A proposito di pubblicità, la crema alle olive che dentro ci ha lo squalene e agisce come hydroterapia è spettacolare. Wikipedia dello squalene dice cose, ma è il suono che fa ride: a quando la pomata al vongolene? E il cozzene, ahò, altro che particella di sodio: Purfamm, la crema al topene senza cozzene. Vabbè, lasciam perdere. Ieri ho tentato la visita di Palazzo Farnese, c'erano tre milioni di persone là fuori. La cosa spettacolare era che molti avevano riparato e si erano messi in fila per visitare qualunque condominio affacciasse su Via Giulia: la signora Persichetti tentava affannosamente di risalire la fila che c'era davanti all'ascensore di casa sua, e tutti che si davano di gomito perché finalmente avrebbero visitato palazzo Persichetti. Vista l'antifona, abbiamo ripiegato su obiettivi alternativi: a San Luigi dei francesi a vedere la Vocazione di San Matteo ci stavano quattro persone in tutto. Ho visto una fila de monachelle nere che traversavano la Casilina, manco fossero processionarie. Il curioso è che era mezzanotte. Che stavano a fà le monache a mezzanotte sulla Casilina? Me lo chiedevo quando quello con la macchina davanti a me ha inchiodato manco avesse visto un gatto nero. Tutti suonavano, lui ha messo le quattro frecce, la retromarcia, nun se sa che cavolo voleva fà. Ho pensato fosse uno scongiuro, e me sò grattato pure io...

4 aprile 2008

shorts

E il brunello di qua, e la mozzarella di là. Non se ne può più. Sò certezze che s'incrinano, anche perché mi sa che la mozzarella di bufala un bel po' di diossina ce l'ha sempre avuta ed è sempre stata buona. Il brunello, poi... Albanese ha fatto la caricatura del sommelier in quel modo mica per caso. Mi ricordo che una volta servimmo a un mio amico suggestionabile una sigarettina rollata unta con un po' d'olio piccante spacciandola per chissà cosa, e il torolo che faceva uh, ah, ci ho le visioni.
Insomma, quando sai che dentro a una bottiglia c'è della roba buona e non ci capisci una beneamata, il brunello finto te lo ciucci. Mesi fa venne fuori che dei friulani contrabbandavano ciofeche per vinoni di stralusso in Germania, grassando bei baiocchi al crucco ignaro. E cavolo, ci sarà pure una differenza tra una ciofeca e un vinone, oltre al prezzo. Certo che c'è. Ad averci la forza di trovarla. Conosco uno che gli hanno rimpiazzato un vinello acido che beve sempre con un chianticello passabile, e si lamenta. Sai com'è, il vino del contadino dovrebbe essere buono, si dice. In realtà è una maialata in praticamente tutti i casi, ma se uno c'è affezionato hai voglia a cercare di convincerlo. Comunque dovevano essere shorts, ma mi sono fatto prendere la mano. Allora longs, e muoia l'avarizia.

3 aprile 2008

il vecchio del calcio


per DNews, su Marco Ballotta che compie gli anni.

1 aprile 2008

Corti

A Milano faranno l'expo. Se ne parlava oggi col capo per vedere se ci si poteva tirare su qualche soldo, ma il pessimismo impera, anzi, vedrai che aumenteranno i prezzi degli spazi della fiera.
A Rho dovrebbero fare una megatorre: wow. Me la immagino che s'infila nella nebbia come uno spinottone. Comunque l'esposizione internazionale ha il merito di aver resuscitato le Olimpiadi dando corpo al sogno decoubertiniano e anche alla torre eiffel, all'atomium, all'Eur. Ma lì niente esposizione, nel 42. Oggi in compenso nella downtown daa cristoforo colombo si espone qualche ucraina o nigeriana. Invece a Firenze dàlli al mendico: dice che una signora non vedente si sia inciampata e ferita per colpa di un poveraccio steso a quattro di spade che chiedeva l'elemosina. Una scena triste. Cioni non la tollererà ulteriormente e sottolinea le regole della convivenza e del decoro. Ma la cosa è un po' pesa, eh. Faustube è nato: si chiama Bertinet, prepara l'opposizione.

28 marzo 2008

brevi di oggi

Non amo gli allarmismi e adoro la mozzarella di bufala, ma per un bel po' non la mangio. Vulissm tajà a cap.
Certo, non condanno chi la mangia. 'a maronna l'accumbagni.
Con questo, chiedo scusa ai napoletani per le stroppiature dialettali.

Delio dice delle cose ai romanisti, Spalletti se capisco bene risponde in loro vece.
Qua sono puzzoni da diversi secoli prima che si pensasse lontanamente a giocare a pallone e dicono che chi perde non cogliona.
Quindi se si parla di derby Spalletti si taccia, ma se Spalletti dice che con una squadra forte come la Lazio stai a -30, hai voja a coglionà. Stai bene così.
E caro ce costa, sto derby, io a cambio ce farei: ricordo che quando vincemmo lo scudetto ne beccammo quattro.

Ho visto il filmato dell'alieno, ma è una bufala terrificante: sembra cartapesta, ma che cazz. Attivissimo se li magnerà con la senape.

Nova di oggi contiene un bel pezzo sull'economia della felicità a firma di un manager telecom, se non ho letto troppo di sfuggita. Se non mi è sfuggito il nome, mi sfugge il nesso tra telecom, l'economia e la felicità. Se non mi è sfuggito nemmeno il contenuto, mi sfugge il modo con cui telecom potrebbe riposizionarsi in termini di non-pil. Ma insomma, si fa per dire.

I pomodori spagnoli costano più di quelli italiani ma fanno schifo lo stesso.

Veltroni chiede alla mafia di far votare per qualcun altro. Già fatto.

Il povero Fois segue il suo capitano Pantani sulle salite dei campi elisi. Il ciclismo, invece, da mò che è morto.

shorts

A primavera mi viene sonno e non mi va di fare niente.
Ho scoperto di essere più vecchio di Ballotta di un anno, sei mesi e sei giorni.
Genova è un posto dove mi piacerebbe stare. Anche per la focaccia.
Di questo passo mi misureranno l'età col carbonio 14.
Ho firmato il mio primo documento pubblico.
Collaboro al mio terzo free press, dopo Epolis e DNews anche qui a Siena.
Il video I am PD era molto bellino. Peccato che i Village People siano berlusconiani.
Le reazioni alla fine di Blogbabel mi hanno fatto rivedere la lista dei feed.
Dopo una vittoria estemporanea al derby, la Lazio ha ripreso a perdere come ha fatto per tutta la stagione. Continui anche alla prossima, non dispiacerebbe a nessuno. Invece vedrai che...

25 marzo 2008

Sole

Domenica siamo partiti all'inseguimento, tra lazzi e risate. L'abbiamo acchiappato a Genova. E' stato così contento, poi, che ci ha aspettato a casa: l'avevo promesso, io, e mantengo sempre le promesse.

18 marzo 2008

Tibet, blog e casi privati

La potenza dei blog si libera sempre al massimo quando c'è da qualche parte del mondo un evento importante che non sempre è possibile raccontare al meglio, per motivi tecnici e logistici o per l'azione contraria di chi cerca di impedire il racconto.
Da Orientalia4all ci sono alcuni post che contengono links buoni per seguire da vicino gli avvenimenti tibetani e cercare di farsi un'idea di prima mano. Utilissimi per chi, come me, di questi giorni ha poco tempo da dedicarsi.
Proprio da Orientalia leggo un post interessante di qualche giorno fa che rimanda a un altro post sul tema: il tempo e i sogni dei blogger. Tralascio di parlare del ginepraio in cui ci s'impiccia a seguire discussioni tra blogger in tempi in cui vanno di moda le risse a pesci in faccia, e quante.
Mi viene in mente, però, che la generalizzazione porta sempre fuori strada. Ho frequentato ambienti alimentati dall'incontro virtuale e capisco bene i fraintendimenti che vengono fuori: ci sono le primedonne e i cretini che gli vanno dietro, alcune primedonne lo sono loro malgrado, altre ci fanno, altre ancora gli importa un fico secco. In cinque anni di blog ho partecipato a due piccole cene romane. Ho conosciuto persone simpatiche (tre o quattro, chi uscito di scena, chi poco visibile) e scambiato pacche sulle spalle con qualche nickname di cui ho saputo pochissimo poi, ma ho trovato lo stesso il modo di farmi cambiare la vita dal blog, per motivi che con la blogosfera hanno pochissimo a che fare. E credo, modestamente, che ci sia un possibile uso tranquillo e rilassato del blog. Privato, personale, proteso verso la comunicazione con gli altri ma senza farne una questione di vita o di morte. E' difficile mantenere la bestia della "popolarità internettica" chiusa nel recinto, ma ci si riesce, basta concentrarsi sul lavoro, sullo studio, sulla vita. Chi ne ha una, e tutti ce l'hanno, in qualche modo. Le lobby esistono dappertutto, non solo su internet, e a molti parrà di essere inseriti a starci dentro e a frequentare raduni per guadagnare visibilità. Ok. Ma non è sbagliato, sono posti dove si conosce gente e le relazioni sono fondamentali. L'importante è mantenere un equilibrio, ma ciascuno deve fare i conti con se stesso e il valore di una posizione in una classifica o della citazione in un blog che conta è relativo. In certe situazioni può sembrare importante, col tempo però si attiva anche la capacità che tutti gli umani posseggono, anche se non tutti la usano per il meglio, di ricalcolare il valore di un'esperienza in base alla prospettiva. Così quello che ieri era vitale ed eccitante ci sembrerà meno importante tra qualche tempo. E' la vita, quella di prima che non si sapeva se uno l'aveva o no. Tutti ce l'hanno e prima o poi si sentono afferrare per la collottola e scaraventare in uno scenario diverso, portandosi dietro gli strumenti necessari e lasciandosi alle spalle certe stupidaggini.
Oggi mi piacerebbe se ci si liberasse di un certo senso di blogosfera come mondo per iniziati. Nel senso, ritengo si sia tutti parte del mondo e che non ci siano sacche di illuminati che spostano avanti le frontiere del futuro. In realtà il grosso è fatto dalle chiacchiere, ed è giusto che ci si prenda meno sul serio mentre si guidano simili potenti (?) mezzi. Continuiamo a leggere e a scrivere...

mancio


dnews di oggi. Chi vuole può leggere l'intero articolo qua

13 marzo 2008

Pluralismi

Il ministro dell'interno tedesco Wolfgang Schaeuble ha detto che è a buon punto il progetto di introdurre l'insegnamento dell'Islam nelle scuole pubbliche, a condizione che lo si faccia in tedesco. L'insegnamento della religione in Germania è previsto dalla legge, e al momento gli alunni possono optare per la religione cattolica, quella protestante e quella ebraica.
Si tratta di un grande passo avanti nell'integrazione dei numerosi islamici che risiedono in Germania. Non so come mai ma non ho visto la notizia in giro: io l'ho letta su un giornale americano.

12 marzo 2008

team leader


A proposito di moralisti

bella figura ha fatto Spitzer, non c'è che dire

11 marzo 2008

Caro Roberto

Lo so che t'è rimasta lì e non ti va né su e né giù, ma continuando così c'è poco da fare. La lista delle attenuanti è lunga, ok, in altre circostanze lo è stata meno. Però in casi come questi si esce dopo aver versato sangue, sudore e lacrime, perdendo 8 a 7 dopo tre settimane di supplementari. L'Inter in Europa perde sempre facile. Squadra soggetta a sfavamento, un po' a tua immagine e somiglianza se non fosse per il fatto che a te in campo non succedeva mai. Invece guarda Ibrahimovic: ha sbagliato due gol che manco Pazzini con le caviglie impastoiate. Allora, se uno è fenomeno solo quando je gira il culo, che fenomeno è? Tu intanto litigavi con Figo, e t'erano rimaste poche carte. Ma questi il gol te l'hanno fatto alla ventesima vaccata, dopo averti graziato dodici volte. Sono forti, ma con l'Inter si dovrebbe faticare di più per vincere. Adesso vedi che puoi fare in campionato... Comunque tra avversarie spagnole (Barcelona lasciamo perdere, Valencia e Villareal idem) e avversari spagnoli (Benitez e Torres) non te dice bene una volta una. Leggo che lasci l'Inter a fine stagione: stai lontano dalla Spagna...

trombonismi

Uno che aveva la pretesa di liquidare la musica popolare (ma soprattutto il pubblico che l'ascoltava e che era anche il pubblico dei media in generale) con quattro bastonate era Adorno. Ma per fortuna c'erano mille storie che scorrevano sotto il sole e che alimentavano uno scambio dove il pubblico è diventato sempre meno passivo, man mano che si sono resi disponibili, riproducibili e reinterpretabili modelli, spartiti, incisioni e poi filmati e foto e programmi per lavorarsi la musica in proprio e spazi dove farla circolare a gratis. Non c'è interruzione in questa sequenza. Stamattina ho sentito Brian Eno che ha detto che every tuesday se ne va a cantare in un coro a cappella. Così, c'era un tempo in cui la musica si teneva sotto controllo. Bastava seguire. Oggi non è più così, e meno male. Anche perché non esiste l'oggettività nel rapporto tra il pubblico e la musica. Uno sente quello che gli piace e descrive come vuole quello che sente. E i critici restano, come nel cinema e nel teatro, quelli che parlano della musica che non sono riusciti a fare. Una forza in perenne conflitto con quelli che la musica la fanno. Oppure in adorazione, ma mai in grado di giudicare oggettivamente un'opera d'arte, se non producendo in proprio l'arte di raccontarla, l'opera. Il che è come scrivere di pallone: lo si può raccontare bene, anche benissimo, ma il gesto rivoluzionario dell'artista resta di chi sa immaginarlo ed eseguirlo. E poi chi è più bravo lo racconta meglio.
Ciò detto, mi piacerebbe se si potesse elaborare un modello in grado di stabilire chi fu più rivoluzionario tra Louis Armstrong e Elvis, per fare due nomi a caso...

inter

Non ce la può fare, mi sa.
Ma nel calcio a farti grande sono anche le imprese.
Una volta bisognerà farne una, altrimenti nella storia non ci si entra, anche se si vince quasi sempre.

10 marzo 2008

tempus fugit


fat superman, e che solo fat normalman?

i derby non sono tutti uguali

anzi. Per quanto sentita, la partita tra Siena e Fiorentina è un urto fiero tra due entità abituate a una vicinanza odiosa. E la cosa si sente perché non è proprio normale che due tifoserie contrapposte si rinfaccino esiti di battaglie avvenute quasi otto secoli fa... Comunque, la partita va un po' come la storia: si vede che Firenze è più forte, si vede che Siena piuttosto che ammetterlo andrebbe all'inferno fischiettando. Nessuno molla, tutti giocano bene, Pazzini sbaglia un gol impossibile da sbagliare, Maccarone piazza un missile potente e preciso al sette, dove il portierone Frey, che sembra la reclame del lampredotto, non può proprio arrivare, inutile che si discetti di piazzamento. Finisce che vince il più debole e coraggioso e che perde il più forte. A me che sono esperto di derby romani la circostanza mi ricorda qualcosa, ma tra viola e giallorossi le somiglianze sono tante.

7 marzo 2008

innovazione

Poi succede che si scopre che è solo una parola che vuol dire e non vuol dire. E che quello che conta davvero è la capacità di fare qualcosa bene. Il che in un certo senso è sempre innovativo, è sempre avanti. Che cosa è avanti, poi? Un oggetto? Un disegno? Un qualcosa che funziona?
Forse è avanti qualcosa che consente di creare solidarietà e ricchezza, quel tanto che basta. Azione coordinata per uno scopo. Ma lo scopo finisce per essere una risultante, dipendendo dall'intreccio della volontà di molti. In ultimo, in una situazione di "lavoro", si agisce sempre a vantaggio di qualcuno più che di tutti. Ed è difficile arrivare davvero a pensare che anche se qualcuno sta più avanti il beneficio è per tutti.

Innovazione è riuscire a non prefiggersi altro obiettivo che l'evoluzione, forse.

Doveva essere roba buona

Mosè tornò con le tavole, come no, ok.
Ma pare si fosse calato giù qualcosa di allucinogeno.
Magari una mescalina all'egizia

5 marzo 2008

esordio

Oggi su DNews, a Milano.


29 febbraio 2008

Fate qualcosa

La storia di Gravina è talmente straziante che non riesco nemmeno a pensarci. Ma dico, accidenti a non so chi, ma a quel disgraziato che si trova in prigione con l'accusa atroce di aver ammazzato i figli, se è vero che questi poveri piccoli non sono stati uccisi, non ci pensa nessuno?
Accidenti, tiratelo fuori di lì. Non può stare in galera neanche un secondo di più.

26 febbraio 2008

leggendo qua è là (benedettiddio)

dalle slide della presentazione del programma del PD

"welfare universalistico"
"diritto dell'economia che liberi l'energie vitali"
"oggi serve un nuovo patto per la crescita della produttività totale dei fattori"
"no a spoils system e automatismi, si alle centrali d'acquisto"
"investire sugli insegnanti premiandone la loro carriera professionale il merito è l'impegno"
"migliorare il forfettone è garantire la non retroattività degli studi di settore"

a una prima lettura e senza entrare nel merito del significato, una manciata di erroracci e di imprecisioni che manco alle medie. E ho scremato...
C'è da stare allegri, neh

poi, internet

Mi ricordo che c'era un bel sole e venivo giù da Via Del Corso. Risalii verso Santi Apostoli, mi pare. Il posto era lì. C'era Agora che per quanto ne sapevo era internet. Io avevo letto qualcosa sulla stampa specialistica che mi arrivava in ufficio, roba tipo lineaEDP, News3x400 e che. Insomma, entrai e comprai questo set di librettini con una confezione deliziosa. Un tetrapak, come quello del latte, che si chiamava Internet. Dentro c'era tutto, pure un floppy per configurare il collegamento. Un mese gratis. Ho ancora il tetrapak (fa una figura bellissima in libreria) e a riguardarlo sembra passato tanto tempo. Invece stiamo parlando del 1995, massimo 1996. Iniziai di nascosto, al lavoro, con un modem a 14.4... era difficile far capire agli altri di che si trattava, come funzionava, a cosa serviva. E perché sarebbe stata una rivoluzione. Cercando sull'hard disk, ho ritrovato le mie prime paginette fatte in html nel 97. Roba rimasta sul mio pc. Nel 2000 feci il gran salto, arrivando a gestire un sitone come Lazionet. Non c'erano in giro cms, a parte i giornaloni in cui si cominciavano a buttare soldi sull'affare. La Gazzetta, Repubblica, il Nuovo, i NG e tutto il resto. Oggi che la pubblica amministrazione ha obbligato tutti a saltare il fosso, almeno per gli adempimenti amministrativi, si può dire che internet è un cardine fondamentale, uno strumento di lavoro essenziale. Nel frattempo ci si telefona, ci si scrive in tempo reale, ci si inseriscono contenuti con grande facilità e si fanno molte cose meglio, più velocemente e più economicamente. Insomma, finché il mezzo viene valutato per i vantaggi pratici che procura, no problem. Le questioni iniziano quando si va a pesare il fatto che attraverso internet passano contenuti più o meno originali, più o meno autoprodotti, più o meno esterni al sistema dell'informazione che non riesce a comprendere le peculiarità del mezzo. Così s'irride e/o si diffida, trascurando un'analisi profonda della situazione e della sua possibile evoluzione. Si sposta l'ago della bilancia da anni (dal primo giorno) dai tecnocrati puri a quelli che maneggiano i contenuti. Man mano che la tecnologia diventa più facile da maneggiare si supera il bisogno elementare del "tecnico". I tecnici non sono più un ostacolo per chi ha voglia di dire la sua o di mettere a disposizione degli altri un prodotto del proprio intelletto. Il rovescio della medaglia è che molta di questa roba non la vede nessuno. Ma a spostarsi irreversibilmente è la disponibilità della gente a esprimersi. In un luogo protetto, come può essere una community chiusa, o in un luogo aperto, come può essere un approdo nella blogosfera. Si parla, si dice. Ci si relaziona. E questo produce un cambiamento che, a valle, spazzerà via ogni resistenza. In questo, cambiando a sua volta. Il futuro non è quello che irrompe oggi, il futuro sarà quello che verrà fuori dal conflitto tra una società che resiste al cambiamento e una che il cambiamento lo porta avanti. Ogni giorno lo scenario cambia e il confine viene spostato un po' più in là, creando i presupposti per un cambiamento che domani sarà diverso ancora. Come un surf sulla cresta di un'onda che non sarà sempre la stessa.

attenti al video-vigilante

C’è un’insidia tutta particolare per le strade di Oklahoma City: si chiama Brian Bates, ha 38 anni e gira per la città con una telecamera in mano, immortalando comportamenti poco commendevoli di cittadini che mette poi alla berlina su internet, nella sua visitatissima pagina personale (johntv.com) ma anche su youtube. Vittime preferite, i clienti delle prostitute. Brian non si limita a filmare i malcapitati: quando può se ne fa beffe. “Se vi becca la polizia, il massimo che vi può capitare è di pagare una multa. Ma se vi becco io, siete condannati a vita”. Niente condizionale o sospensione della pena: i filmati che Bates mette in rete restano su internet a disposizione di tutti, facilmente reperibili attraverso qualunque motore di ricerca. Una gogna tecnologica in piena regola, che Bates sta trasformando in professione. L’accordo concluso con Youtube gli frutterà circa 70.000 dollari all’anno, ai quali si uniscono i proventi della partecipazione a un popolare TV show locale, oltre ai diritti per la proiezione degli spezzoni in televisione. Bates, che normalmente si guadagna da vivere vendendo agli avvocati la lista degli arrestati della sera prima, è uno dei tanti attivisti che usano la tecnologia a buon mercato per documentare comportamenti immorali e socialmente inaccettabili. Internet offre grandi possibilità per mettersi in evidenza: così Jimmy Justice, automobilista frustrato, mette alla berlina le infrazioni di quelli che dirigono il traffico e Gangbuster, ex marine californiano, documenta le malefatte di presunti gangsters. Non che sia sufficiente, la prova del video, a “incastrare” presunti delinquenti. Ma insomma, la gogna fa paura. Non per niente Bates, che tra le sue vittime annovera anche un prete “catturato” a bordo del furgone della chiesa, usa apostrofare le sue vittime con un eloquente “sei rovinato, amico”. Il successo di Bates si basa sul fatto che denuncia comportamenti sessuali riprovevoli dei cittadini, il che attira l’attenzione: basta guardare alle centinaia di migliaia di visualizzazioni dei suoi filmati su youtube. Bates, per soprannumero, ama condire i filmati con battute oltraggiose per aggiungere pepe alla pietanza. Indigesta, com’è giusto, per molti cittadini, che ritengono che la sua speculazione sia ben più sordida dei comportamenti che denuncia.

24 febbraio 2008

mi dispiace, ma


in casi come questo paga l'allenatore

23 febbraio 2008

sei parole



Il Galles non ci ha umiliato.

22 febbraio 2008

il futuro non è scritto


arriva il film di Julian Temple sull'adoratissimo Joe.
Lo dice Alberto Crespi, e chi sono io per contraddirlo?
Non vedo l'ora.

19 febbraio 2008

sono giorni

Se avessi conosciuto prima la soluzione della vietnamita che voleva andare a Parigi a rimorchio di Paul Berlin che mi ricorda a me che sono Roots il caro Steve Berlin, non mi sarei agitato tanto. Finire in un buco è un problema, per uscirne, però, basta finire fuori dal buco. Non tornare indietro ma andare avanti. Voilà. Un po' di buio, qualche ragnatela, qualche squitto di topo, un lombricaccio qui e là, ma si torna a riveder le stelle senza graffi e con prospettive rinnovate, mentre l'orizzonte muta e il monsone lascia posto al freddo, che però non riesce più a nasconderci che la primavera irrompe. Lo dicono sonni, cimurri e languidezze: siamo belli e abbiamo da sperarci in tutto. Passeggeremo per gli Champs Elysées e io le regalerò delle cose belle, perché Parigi è una possibilità. Più che mai.

14 febbraio 2008

trabajo

Ci sono quelle volte che non ci pensi su neanche un po', ma reagisci.
Domani si riparte. Un mese di grande reattività alle spalle, una settimana, l'ultima, che è stata quella del raccolto. Segno che i calci della vita fanno crescere.

11 febbraio 2008

the things they carried

Mi piace molto l'idea di descrivere le persone attraverso alcuni particolari. Tipo le cose che si portano dietro. E' qualcosa che viaggia su binari diversi, a seconda che si pensi a personaggi in cammino forzato, come dei soldati su un percorso in guerra, o piuttosto a persone che vanno verso la loro vita con fardelli che scelgono di portarsi dietro. Ma non parliamo soltanto di carichi esistenziali. Anche, per esempio, di tic e di modi di mettersi di fronte al mondo. Le maschere che ci mettiamo sono tante, ma quello che meglio ci descrive è il gesto che compiamo quando pensiamo che nessuno ci veda. Si dice che i gatti siano molto divertenti da guardare se non si rendono conto di essere osservati. E' vero. Io ho avuto diversi gatti e posso testimoniarlo. Se è vero che le persone sono quando non pensano, si può descriverle attraverso quello che si portano dietro a maggior ragione: perché spesso ci si caricano le tasche, quelle vere e quelle metaforiche, in momenti in cui si è soli e non si sta a pensarci troppo. Sarebbe bello imparare a descrivere la gente per quello che si porta dietro: siano bottiglie d'acqua e filo interdentale, preservativi, cingomme, penne biro masticate, mozziconi di matita dell'ikea, vecchie carte d'abbonamento scadute, occhiali rotti nel taschino, surrogati di aipod scarichi, bauli di tracotanza, capelli con le ritrose, psoriasi alle dita, mozziconi di sigarette, tende con picchetti e senza martello, dame di lacrime non versate, copertine di dischi di bowie con dentro ellepì di renato zero, carcasse di vecchie macchine, accendini scarichi, ricordi di calze strappate e di canzoni ascoltate nelle radio a valvole, facce di morti guardate mentre gli altri si muovono come se nessuno potesse ascoltarli o vederli. Come se il mondo non esistesse, fuori dal proprio stagno di veleno.

8 febbraio 2008

amici

Ho sempre frequentato un sacco di gente che ho considerato amica. E' facile, poi io sono uno che si fida per natura e di più ancora per esperienza. L'amicizia non è una faccenda di dare e prendere, piuttosto di accettare, credo, o comunque di essere insieme agli altri, lasciando che siano. Non so se riesco a dire bene. Non credo sia amicizia aspettarsi cose dagli altri, ma non è importante, nel senso che i comportamenti scorretti producono, poi, risultati più avanti. E la situazione dei rapporti che hai, nel suo divenire, ti dà anche la misura di quanto siano state giuste o sbagliate le tue scelte, fermo restando il fatto che si cammina da soli, o in parallelo con altri, semmai, per tratti limitati più o meno. Così ho perso di vista persone che amavo e che amo tuttora, ma anche gente la cui compagnia non si è rivelata buona, per me. Il fatto che questa gente si comporti nel modo più sordido può essere una conferma, ma non mi servono conferme. I gesti che uno fa servono a qualificarne la natura, e ognuno sa quello che fa. poi se la può raccontare come vuole, ma sono inganni stupidi: perché rispondiamo di noi in primis a noi stessi.
Io vado avanti, come sempre. Per chi trovo apparecchio la tavola, e ho casa sempre piena di gente. Chi non c'è o non c'è più, avrà trovato di meglio da fare: non chiudo rapporti senza aver aspettato a lungo, prima, che se ne determinino le condizioni. Certa gente è stata abbondantemente avvertita, ma ha insistito in atteggiamenti che non vanno bene col sottoscritto. Che è persona seria e merita rispetto. Se non ne trova chiude, e lo fa per davvero. Ma non come si faceva da bimbi, mi hai fatto questo e non ti parlo più. No. Perché con gli amici si sta per starci bene e lo si fa volontariamente, senza costrizioni. E questo è il mio modo di fare. Chi ha bisogno di me sa dove trovarmi, c'è gente per cui ci sono e ci sarò sempre. Ma non per tutti. Per quanto mi riguarda, in genere non chiedo niente a nessuno. L'ho fatto quando mi sono sentito in gravi difficoltà e ho trovato più o meno risposte più o meno utili. Mi piace prendere solo quello che mi si dà volentieri. Ciò non significa superbia o che: semplicemente è che io devo andare avanti e fare le mie cose, e cerco di non dipendere da nessuno. Ma nessuno nessuno. Proprio nessuno.

Una svolta dopo l'altra

Ecco la nuova discesa in campo: stavolta Silvio si presenterà come Popolo delle Libertà. Insieme a Fini. AN e FI abbrancicate.

Il 27 gennaio del 1994 Panebianco commentava così la prima discesa in campo... non che ci prendesse, ma chi parla prima merita rispetto.

7 febbraio 2008

cinque anni fa

Scalfaro: la politica si vuole vendicare sui magistrati

l'archivio del corriere.it dice che non è che siano cambiate troppe cose, nel frattempo

twit centro sinistra

irresistibile

quattro

Era un giorno come oggi: c'era il sole, faceva quasi caldo. Avevamo deciso che in fin dei conti ci si poteva anche vedere, una volta, invece di mandarsi un saluto simpatico ogni tanto. Da mesi, ogni tanto oh, ciao, ciao, eh, la serie A, le cose, hai visto, siamo nati lo stesso giorno, ma io qua e tu là, eh, sì. Bastava proprio poco, ma bisognava essere pronti, in qualche modo. Quel giorno eravamo pronti, e nessuno se n'è andato più via. Non si poteva, dopo quello che avevamo scoperto esistere, a portata di mano. Non tenevamo un blog per rimorchiare, o comunque fosse non era via blog che ci saremmo rimorchiati, dopo otto mesi di sorrisi virtuali. Ogni volta che sento quelli apocalittici del mezzo che aliena e dei rapporti di persona che levete sorrido. C'è sempre un modo per cominciarli, quei rapporti di persona. Il curioso è che tutti e due abbiamo smesso di aggiornare il blog per un sacco di tempo, dopo aver fatto conoscenza. Se penso a come si sono combinate le cose, mi viene da ridere: per quanto possa cercare di immaginarne uno, non mi viene in mente un altro modo con cui avrei potuto incontrare la persona con cui ho deciso di passare la vita. Szymborska compresa. Oggi fa quattro anni, sembrano pochi, ma sono tanti, soprattutto se te li sei goduti minuto per minuto.

invidia

sono uscite le figurine del Siena

4 febbraio 2008

La chiesa è amore

lo dice Gilioli.
Dagli torto

Divento star wars

Il mio nome-starwars è Anfpa. Anfpa Carom.

3 febbraio 2008

el dindondero



Ho visto su La7 un paio di quei bei programmi che ripescano materiale da archivio e raccontano storie dell'Italia degli anni 60 e 70, con un occhio al costume e qualche testimonianza raccolta tra la gente. Oggi ce n'era uno condotto da Camilleri che era straordinario, parlava di dialetti e offriva momenti di grande simpatia, raccontando cose che si potevano toccare con mano fino a poco tempo fa (anche oggi, da qualche parte, c'è gente che parla italiano poco e male).
Stasera ce n'era un altro che faceva una carrellata veloce sul boom e sulle evoluzioni successive, fino all'affacciarsi degli anni 80, sempre cucendo materiale televisivo di grande interesse.
Vedere gente semplice che diceva cose semplici, con grande candore, oltre a mollarmi il flashback della-serie-come-siamo-diventati-vecchi, mi restituisce quell'idea di fondo di italiani brava gente che questi tempi arcigni e canaglieschi hanno mandato definitivamente in soffitta.
Ma ci stanno sempre i caroselli per consolarsi.

sull'idea di agenda dei cittadini

secondo me orientalia4all ha ragione quando dice:
Ora vorrei associarmi all'idea di Luca De Biase di "un'agenda dei cittadini fatta dalla conversazione dei cittadini" (...) L'idea è che anche in piccolo l’informazione che emerge dal medium che stiamo costruendo in rete, coi nostri siti e i nostri blog, influisce sull’agenda politica del paese.

a parte tutte le perplessità e le curiosità che esprime, che in parte condivido e in parte non mi appassionano.

Il punto che trovo "forte" nel ragionamento di De Biase, però, è questo:
Mi spiego meglio: il tema è fare emergere un medium che solo per il fatto di esistere trasforma il potere attualmente assoluto dei media gerarchici in un potere relativo. Per riuscirci deve essere consapevole di questa sua funzione. E quindi qualcuno la deve pur dire.

E' importante che lo si dica al di là del fatto che ci si trovi tra persone che sanno che un'influenza anche minima l'insieme dei blog la esercita.
Un'altra cosa di De Biase cito:
il tema è fare emergere un medium che solo per il fatto di esistere trasforma il potere attualmente assoluto dei media gerarchici in un potere relativo.

Questo è vero, secondo me, e viene prima di qualunque attività si possa fare, a valle, per usare quella piccola parte di potere relativo che si va a costituire.
Per il resto, su quali blog (o gruppo di essi) possano orientare l'agenda, si sa che la mappa dei blog influenti italiani è circoscritta a pochi nomi, al massimo qualche decina. Questo per via della struttura e della storia della rete dei blog e anche per la sua autoreferenzialità. Però l'emergere di una discussione come questa porta delle modificazioni a questo equilibrio, che di per se è dinamico, secondo me, e perciò suscettibile di mutamenti.
Sarebbe interessante andare a sentire di che si parla a stateofthenet, se Udine non fosse troppo lontana...

1 febbraio 2008

next revolution


chi s'inventa un algoritmo di compressione per la munnezza?

Revolution


(nella foto, una roba compressa e degradata)

La creazione dell'mp3 fu rivoluzionaria perché consentì un'enorme compressione dei file audio senza una perdita significativa di qualità. In un cd la quantità di musica registrabile in mp3 è superiore di 7/8 volte. Questo perché (semplificando), furono scartate dalle registrazioni digitali le parti non percepibili dall'orecchio umano. La nuova legge sui diritti d'autore dice che "È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro". Dunque, a parte le limitazioni riguardanti l'uso, sembra proprio che l'mp3 rientri nella categoria individuata dalla legge. Meglio. Che sia un esempio perfetto di musica a bassa risoluzione o degradata. Emmò?
(se ne parla ovunque)

febbraio


Da febbraio mi aspetto molto, quest'anno.
E' bisesto come quattro anni fa, in cui a febbraio arrivarono grandi fortune.
Mi aspetto di riuscire a non farla stare in pena, per esempio.

insomma


la verità è che non esiste un cazzo di oggettivo, al mondo, o quasi

31 gennaio 2008

storie

Insomma, Roger Schank dice che la conoscenza è in larga misura strutturata secondo un modello narrativo, incentrato su storie. Quindi non c'è nessuna ragione al mondo per non raccontarsele, ecco. Anche se in qualche modo cozzano col rigore del pensiero logico. A pensarci bene è un motodo familiare per tutti, quello di sottrarsi al rigore o di starci dentro utilizzando delle piccole astuzie, come quei bambini ai quali legavano qualcosa al braccio destro per fargli distinguere la destra dalla sinistra. Mia sorella era mancina e la educarono a scrivere-fare-mangiare per forza con la destra, che la sinistra era male. Non s'è mai capito perché, a parte il fatto che la sinistra era la parte del diavolo. Però io con la sinistra non so scrivere manco a livello di prima elementare, e lei in questo modo è venuta su ambidestra. Un modo per ottenere inconsapevolmente risultati migliori, scazzando completamente il presupposto logico. O forse gli ambidestri sono più irrisolti di quelli che fanno le cose tutte con la destra o con la sinistra. Degli specialisti, insomma.

prima che finisca

Bisogna dargliene atto: questo gennaio del 2008 è stato un mese di merda come pochi.

metapiano d'azione

Non sono gli scripts, il problema, e se è per questo anche i piani si combinano bene. I metapiani, però, a volte non funzionano. Me lo ripetevo stamattina mentre ciondolavo per Via Montanini, facendo resistenza al tentativo d'aggressione del depresso che tentava di prendersi la scena. Metapiani che non funzionano, o semplice difficoltà a imbroccare la sequenza giusta, quando ci sono un milione di cose da fare per uscire dallo stato in cui uno non dovrebbe avere, in teoria, un cazzo da fare, essendo inoccupato, espulso dal mondo produttivo e che? Proprio questo è stato il punto d'innesco: il pensiero (tipico) che dice: sì, sono arrivato in città come gli altri alle otto e mezza, ma io in realtà non ho un cazzo da fare, mi mischio a loro ma non sono come loro. Tanto per semplificare. Che ci vuoi fare, si cede ma poi si riparte, l'importante è evitare la passività e cercare di andare verso qualcosa di meglio. Lo stiamo facendo. Nel frattempo scopro che Prodi, alla guida dell'ormai sfiduciato manipolo di protervi ministri di destra, ci ha allungato la disoccupazione ordinaria di un terzo, portandola da sei a otto mesi. Grazie, Romano. So che non mi servirà, perché me la caverò molto prima, ma sei stato un amico lo stesso.

30 gennaio 2008

willing suspension of disbelief

lo cita eio, il vecchio Samuel T., e fa venire in mente un sacco di volte che la willing suspension of disbelief fa la differenza, e fa anche un po' ridere. Per esempio, quando parla il papa...

a proposito di questo, volevo dire un'altra cosa, ma me la sono dimenticata. Poi ci torno

28 gennaio 2008

Blues people

Sto lavorando fitto fitto sul testo di LeRoi Jones, alias Amiri Baraka, che più sotto ho presentato. Trattasi dell'analisi del cammino degli afroamericani (nel libro, uscito nel 1963, definiti negri, antepolitically correct ma con una certa dura efficacia) dalla schiavitù alla piena cittadinanza americana, attraverso la musica più strettamente legata a loro. il blues, e il Jazz. Perciò sto per diventare un po' monomaniaco. Mi scuso con i miei cinque lettori...

Amiri Baraka

il manifesto, giovedì 8 aprile 2004

La mia rivoluzione afro-comunista
di Mauro Zanda

Parla il poeta Amiri Baraka, di passaggio a Roma per la rassegna "New York is Now!". L'urgenza di rovesciare Bush, le canzoni ancora attuali di Curtis Mayfield, il ritorno dei giovani all'Islam, l'America nera priva di una vera leadership, le contraddizioni interne alla scena hip hop, la mente perversa di chi ha inventato la slam poetry... "Vedo affacciarsi una nuova Harlem Renaissance"

Seduto di fronte ad un buon bicchiere di vino rosso, fisico minuto, scoppola e fazzoletto al collo, Amiri Baraka ricorda con piacere i suoi numerosi passaggi romani ai tempi in cui l'amico Renato Nicolini animava l'estate romana. Stavolta le direttrici della vita e dell'arte lo riportano nella città eterna per un concerto speciale in cui - voce e poesia - si ritrova ad accompagnare la nuova scena del jazz radicale newyorkese in una stimolante rilettura delle canzoni di Curtis Mayfield.
Poeta, saggista, scrittore, critico musicale e drammaturgo, Baraka deve la sua fama internazionale soprattutto a un testo, Blues People (ristampato in Italia da Shake), considerato alla stregua di bibbia della cultura popolare afro-americana. Un libro pubblicato originariamente nel 1963 che, a quarant'anni di distanza, possiede ancora intatta la portata innovativa della sua prospettiva critica, con una prima parte fortemente caratterizzata da un approccio antropologico e una visione d'insieme che oggi non faticheremmo ad accostare a quella anti-anti-essenzialista proposta di recente da Paul Gilroy in The Black Atlantic.
Personalità febbrile e poliedrica, Amiri Baraka (all'anagrafe LeRoi Jones) nasce come poeta beat negli anni '50 al fianco di Allen Ginsberg, ma ben presto avrebbe rivisto le sue posizioni artistiche in senso più militante: "Non ero che un bohémien di colore, e non potevo più esprimermi in quel modo. Sarei divenuto forte abbastanza da dire ciò che c'era da dire per tutti noi: per i neri certo, ma anche per tutti coloro che cercavano giustizia". Fu così che a metà degli anni '60 abbraccia il nazionalismo nero e partecipa attivamente alla rivolta di Newark per la quale nel 1968 verrà condannato al carcere con l'accusa di trasporto d'armi. A partire dal 1975 rivedrà anche le sue posizioni separatiste, sposando con fervore la dottrina marxista e restando fino ad oggi - per sua stessa definizione - un irriducibile afro-comunista.

Perché proprio le canzoni di Curtis Mayfield?
L'idea è stata del bassista William Parker, ma ho partecipato volentieri. Il suo messaggio è ancora attuale e tutt'altro che concluso. Canzoni come People Get Ready, Keep On Pushing, We The People Who Are Darker Than Blue riflettono perfettamente la stagione del movimento per i diritti civili. Quella rivoluzione culturale va portata a termine oggi come allora, bisogna rovesciare personaggi dell'ultradestra come Bush o Berlusconi in favore di una politica di stampo socialista.

Come ha reagito la comunità afro-americana di fronte alla nuova crociata anti-Islam portata avanti dopo l'11 settembre dall'amministrazione Bush?
La comunità nella sua stragrande maggioranza è contraria. Non ho mai visto come negli ultimi due anni un ritorno ai costumi dell'Islam da parte dei neri. Anche i ragazzi hanno avuto questo tipo di reazione; molti di loro adesso sfoggiano dei copricapo mussulmani che, anche fosse solamente una moda, è comunque sintomatico di un clima ben preciso.

Un paio d'anni fa il cantante Harry Belafonte ha bollato Colin Powell come un moderno schiavo domestico. Eppure quelle dichiarazioni sollevarono un vespaio di polemiche anche tra gli intellettuali neri. Qual è la sua posizione?
Non credo si possa definire Colin Powell uno Zio Tom, semplicemente perché è parte integrante di quella stessa classe di potere. Un membro espresso direttamente dalla nuova casta imperiale degli Stati Uniti d'America che, se è un servo, lo è nella misura in cui parte della borghesia serve un'altra parte della borghesia. Lui e Condoleeza Rice rappresentano un trick per le élite afro-americane, sono figure meramente rappresentative, facce nere messe lì in bella vista per legittimare lo status democratico e multirazziale di un gotha che possiede invece radici profondamente razziste e fondamentaliste. Prendi la storia dell'Affirmative action (corsie preferenziali atte a garantire pari opportunità d'accesso allo studio per le minoranze etniche, ndr): è stato tutto un gioco delle parti, con Bush apertamente contrario, in linea con la componente più reazionaria del Partito repubblicano e Rice che invece si è schierata a favore, così da tenere buona la borghesia nera. Stanno privatizzando tutto, ora si sono concentrati sulla spesa sociale, una cosa da abbattere definitivamente e poter poi reinvestire gli utili in borsa.

Un altro intellettuale afro-americano di spicco, Cornell West, sostiene che mai come in questi anni l'America nera viva un profondo vuoto culturale in termini di leadership.
Sì, sono d'accordo. I leader attuali sono dei falsi leader, più preoccupati a dare delle risposte al ceto medio nero che non ai poveri e ai diseredati. Ci sono un'infinità di problemi che ancora oggi in Usa affliggono la nazione dalla pelle scura, e sai qual è la linea di questi sedicenti leader? Che il problema principale risiede nell'attitudine sbagliata degli stessi neri. Una vera follia.

La parola ha sempre rappresentato un elemento cardine nella complessa cosmogonia afro-americana. Da qualche anno si è affacciato un nuovo stile di poesia improvvisata, lo slam. Che idea s'è fatto al riguardo?
Per me la slam poetry non ha alcun valore artistico. Tentare di introdurre il capitalismo nella poesia attraverso questa cultura del chi vince e chi perde è qualcosa che poteva nascere solo dalla mente perversa di alcuni bianchi di Chicago. D'altro canto esistono un sacco di nuovi incredibili talenti in giro, vedo una nuova Harlem Renaissance che si affaccia, poeti come Sekou Sundiata o mio figlio Ras, che ha fatto cose straordinarie assieme a Lauryn Hill.

L'hip hop è ancora la forma espressiva più importante per capire le molteplici contraddizioni in seno all'America nera?
Senza dubbio, anche se tutto è vincolato dal grande mercato. Oggi i neri controllano solo apparentemente le proprie edizioni musicali; a ben guardare è sempre tutto in mano ai grandi gruppi economici e se la tua proposta non è funzionale al sistema sei automaticamente tagliato fuori dalla grande distribuzione. Ti faccio una domanda: nell'ultimo decennio le figure predominanti uscite dall'universo hip hop sono state 2-Pac e Notorious Big, entrambi morti. Chi controlla oggi i loro diritti discografici?

Giorni fuori tempo

Mi muovo fuori sincrono, come la voce di Ghezzi.

Al momento viaggio con un giorno di ritardo: ho fatto parecchie cose un giorno dopo, compreso il post sul giorno della memoria. Studio sociologico sul blues che chiama negri i negri e poi mi viene da dire negri. E' un nuovonuovo Einaudi del '63, che il politically correct non c'era e se c'era dormiva. Mi sono ricostruito tutte le mappe della Ma Rainey e della Bessie Smith, c'era un che di importante, che a leggerlo capisci Obama come prodotto sbiancato al massimo di quella borghesia di neri professionisti affrancati assurti a modelli di vita da bianco. Che più bianco non si può. Barack è bello, meglio di èllry, pure i Kennedy sono con lui, lo voterei pure io, perché tra una donna e un black alla whitehouse non so scegliere, ma hillary de femmina ci ha poco, mi sa. E non è una battuta scorrect, coz amma huuuchiecuuuchie man

26 gennaio 2008

furbo, l'etrusco

Conoscendo Volterra, Populonia, ma anche Tarquinia e tutte le altre, avevo idea che l'etrusco se la godesse, ma in realtà se la stragodeva proprio. Cavoli, da quando sto qui ne ho visti di posti da urlo in cima alle colline... Oggi sono stato a Casole d'Elsa. Complice una giornata di sole spettacolosa, devo dire che questa cittadina mi è piaciuta un sacco. Ma davvero. C'è un senso presente di gioco e di creatività, tra i personaggini seminati ovunque, sculturine che fanno cose normali, tipo riposare su una panchina, entrare in una porta, stare affacciati dai merli di una torre. Le maioliche dipinte dai bambini che adornano posti altrimenti tristi, la toponomastica (via della fantasia), l'arredo urbano. Gatti enormi. Due ragazzini giravano insieme, il piccolo faceva domande al grande, adolescente, che rispondeva a grugniti. E il panorama, sul Chianti, sulla Montagnola, su San Gimignano, sull'Appennino, sui soffioni di Larderello, dove ti giravi era spettacoloso. E quando mi capita ci torno...

24 gennaio 2008

Ridere

L'altro giorno abbiamo rivisto Brian di Nazareth. La sensazione è che una volta si facessero, qui come all'estero, delle cose straordinariamente divertenti. Oggi non vedo cose che facciano ridere in quel modo: probabilmente è un problema mio, ma a me sembra così. A cavallo tra '60 e '70 certa comicità era assolutamente irresistibile e in giro c'era tanta gente che faceva divertire in modo geniale. Guardate la scena della lapidazione. Roba da rimanerci secchi.

22 gennaio 2008

le liste

Mi sono recato a dichiarare lo stato di disoccupazione. L'impiegato è stato molto piacevole, prodigo di consigli e rapido. Mi ha consegnato un paio di pezzi di carta, un'informativa sul nuovo collocamento e una dichiarazione dello stato di disoccupazione che serve per avere l'assegno dall'INPS. Lui veramente l'ha chiamato sussidio, parola che ha virato verso il dolore tagliente la sensazione di stretta allo stomaco e al (pardon) culo. Mi ero iscritto un'altra volta all'ufficio di collocamento, credo fosse il 1978 e anche se questa è una fase in cui è bene mettere a fuoco tutti i ricordi non c'era ragione di calarci di nuovo in una realtà del genere. Comunque, da lì ho fatto un salto all'interinale, con un tizio che mi correva dietro per vendermi dei calzini dal bar all'ufficio dell'Adecco, chiudendo con un "ti sto pregando". Mi chiedeva gli spicci del resto del caffé, gli avevo detto di no perché era aggressivo, non so come dire, facciamo che era astioso. Un cielo grigio sopra faceva il resto.

asimmetrie

sono disoccupato da una settimana ma sto lavorando il triplo di prima, 6-22 non stop

21 gennaio 2008

Crisi

Mastella dice ciao. Fine della corsa

Ripercorsi


Una palazzina bassa, all'ingresso di una delle numerose zone industrial-commerciali che fanno da corona a Poggibonsi, posto poco attraente ma molto dinamico. Dicono tutti, qua intorno, che a Poggibonsi c'è tutto. Il centro per l'impiego c'è. E' superattivo, con gente che va e gente che viene, ci scavalco un gruppetto di giovani matrioske che ridacchiano tra loro, guardo le indicazioni e trovo la preselezione. Aspetto, perché l'impiegata è al telefono, e mi guardo intorno: qualche faccia scura che viene dal sud, il tavolo per la consultazione dei quotidiani con le offerte, lo scaffale con i raccoglitori delle richieste delle agenzie ex-interinali e quelli per l'autoimprenditoria. Le impiegate sono gentili, mi chiedono tutte cosa devo fare. Mi intervista Chiara che sorride e dice che con un curriculum così va bene, che non ci sono problemi e che l'azienda mi chiamerà di sicuro per un colloquio. E' una sensazione nuova, tutto sommato. Quand'ero iscritto al collocamento si andava per timbrare sull'Appia Nuova e c'era sempre un gran casino, si faceva la fila e si andava via, con la certezza che il tutto non sarebbe servito mai e poi mai, a meno di non riuscire a trovarsi un lavoro da soli. Le offerte interessanti ci sono, mi candido per una, ricevo numeri di telefono e indicazioni, pacche sulle spalle, sorrisi. Ma sembra strano, proprio strano. Qualcosa d'irreale, il passaggio dalle certezze incrollabili e sonnolente di pochi mesi fa all'azzeramento delle garanzie di oggi. Un punto zero da cui partire col carico delle esperienze e delle cose imparate in questi anni. Tante, poche. Penso di aver imparato, nell'ultimo periodo, soprattutto ad ascoltare, a osservare. A cercare di esprimere e di respirare umanità. A pieni polmoni. Non so se è qualcosa che si domanda al lavoro. Vorrei dire a chi mi sta di fronte: io capisco. M'importa. Mi comprometto. Faccio. Passatemi attraverso, è quello che voglio. Ma tutto quello che serve è dire cosa si sa fare, dove lo si è imparato e come. La maggior parte delle cose non serve, ma non è importante. Importa il tempo, quel tempo che è sparito, che si è rattrappito in un presente che insiste a mettere la testa sotto la sabbia. A nessuno interessa ieri, tutti hanno paura di domani e guardano all'oggi, a ora perché sembra sia l'unica cosa che davvero conta. E ti spingono a metterti gli stessi occhiali, ad azzerare la prospettiva. Per questo ricordo, per questo immagino il domani. Che sta davanti e mai indietro.