22 ottobre 2007

sputnik

Stasera ho visto uno spezzone di Voyager, il programma Rai di quel tizio che prima faceva un programma uguale per TMC (Stargate?) tirando su la pagnotta tra cerchi nel grano, santi graal e omini verdi. Oltre a rincontrarci il vecchio John Titor, che ha accumulato negli ultimi tempi un bel po' di predizioni scazzate, vivaddio e grattandose li mejo per quelle ancora da verificarsi, il servizio che mi ha attratto era quello sui due spennacchiotti geniali che nei primi anni '60 a Torino ascoltavano le trasmissioni radio degli astronauti russi. Roba vera, stavolta, ciccia che si tocca con mano, mi ricordavo che ne aveva diffusamente parlato Gianluca Nicoletti ai tempi del Golem radiofonico. Procedendo per cortocircuiti, i nomi di Gagarin, della Tereschkova e di Laika fanno fare il sussulto ancor oggi. Erano personaggi conosciutissimi, in tempi controversi. Da una parte la guerra fredda col suo carico di pratiche mostruose, dall'altra un certo grado d'ingenuità della gente, resa cinica, oggi, dall'eccesso di eliminazione di veli che ha spianato la strada al complottismo più sbracato. Vabbè, quello che volevo dire è che l'idea di Laika che parte per lo spazio, per tacere del compagno Yuri, mi ha sempre affascinato e mi ha costretto a pormi un mare di domande alle quali, bambino, non trovavo risposta. Non che abbia fatto sti gran passi avanti. Ma i Gagarin oggi non ci sono più, e sono sogni in meno. Sfortuna. Per riconsolarsi, ci si attacca a John Titor e al suo epigono Ethan. Io non ho mai capito, però, com'è che fecero gli americani a sorpassare i russi nella corsa alla luna...

3 commenti:

Anonimo ha detto...

ciao Pank, so' Porga
questo l'ho scritto tre anni fa, a Mosca e, se ci riesco a finirlo, dovrebbe stare dentro il mio innocuo, vacuo, minimo ed inutile libello sulla mia esperienza moscovita
...siccome parlavi di Gagarin e Laika...

"È una tiepida e luminosa giornata di novembre, una delle ultime a dire il vero, e decido che l’attacco al cuore culturale post-sovietico debba arrivare dal cielo, anzi dallo spazio.
Da grande appassionato di fantascienza non posso farmi sfuggire il Museo Cosmonautico!
Individuare la sua posizione risulterebbe semplice anche a Mister Magoo.
Una volta che scesi alla stazione VDNKh (pronuncia: Ve-de-nkà), basta puntare dritti verso uno di quei monumenti che solo a Mosca trovano la loro ragion d’essere: lo svettante, luminoso ed incombente obelisco dedicato ai voli spaziali ed allo Sputnik in particolare. Fu realizzato nel 1964 da un artista dal nome altisonante e vagamente orientale: Andrei Fajdjsh-Krandievskij...beh, signori miei, se qualcuno avesse dei dubbi circa la vastità di Mosca e degli spazi che essa racchiude, basterebbe vedere dal vivo questa meraviglia architettonica.
100 metri di cemento armato, ricoperto da puro titanio, su un basamento all’interno del quale e’ stato ricavato il Museo Cosmonautico.
Dal basamento, infatti, parte una struttura che inerpicandosi verso il cielo ed alla navicella posta in sommità, si assottiglia sempre più piegandosi contemporaneamente in avanti, dando l’impressione del movimento ascendente dello Sputnik e della sua scia fiammeggiante.
Se gli altoparlanti diffondessero una voce che effettua il conto alla rovescia, certamente vi guardereste in giro preoccupati cercando un posto dove ripararvi dagli scarichi del missile.
Se aggirate il basamento trovate l’accesso.
Il Museo Cosmonautico è molto interessante, quantomeno per l’ambientazione interna che fa molto b-movie anni ’60: alluminio, vetri colorati, faretti ed una scultura futurista rappresentante l’Uomo al centro del Cosmo.
Per un attimo ho sperato di incontrare il vulcaniano Spock, il capitano Kirk o, più logicamente, il capitano Cechov.
Gli originali dei moduli Vostok rientrati sulla Terra dopo aver orbitato intorno ad essa con il loro ripieno di Eroi della Rivoluzione Cosmonautica, sono posti in ordine cronologico di lancio; mi emoziona pensare che tali palline di metallo, grandi poco più di una Smart, siano precipitate a velocità supersonica in qualche località sperduta del Kazakistan…mi immagino l’orgoglio degli astronauti quando, aperto il portellone, si trovavano circondati dai loro superiori, dai membri di qualche comitato scientifico e dal KGB: passati in un attimo dal Silenzio del Cosmo al Fracasso della Propaganda.
Tutti i loro sforzi per ottenere e mantenere la supremazia nello Spazio, avrebbero fatto da sprone agli Stati Uniti in quella guerra dei cieli che, aldilà delle bandiere, avrebbe visto un solo vincitore: l’Uomo Moderno.
Ed un solo sconfitto: l’Uomo del Terzo Mondo.
Chi non ha mai pensato, forse semplicisticamente, a quanto si sarebbe potuto fare sulla Terra con tutti quei miliardi di dollari, rubli, marchi, franchi, sterline, pesetas e lire impegnate nella lotta a chi andava più lontano o inviava per primo un satellite ai confini dell’Universo?
Saranno anche discorsi da bar…ma come giudichereste un padre di famiglia che, invece di pensare a sfamare i figli che ha dentro casa, pensa di impegnare le risorse economiche della sua piccola comunità per scoprire nuovi spazi nei quali, un domani, inviare quella sua debole, denutrita e morente famiglia?!
Non sono contro la ricerca, assolutamente, ma mi sfugge quale tipo di risultato applicabile al miglioramento della vita comune delle comuni anime del Mondo, abbia portato questo sfrenato tentativo di conquistare lo Spazio.
Forse trovare nuovi spazi, potrebbe servire a sparare i 4 miliardi di poveri del mondo fuori dalle balle.
Oppure testare la maggiore fragilità delle ossa degli astronauti al rientro da una missione, potrebbe far capire qualcosa sulla fragilità ossea di qualche centinaio di migliaia di denutriti del Darfur?
Un uomo politico italiano, alla recente morte di Ronald Reagan, ha chiuso un suo discorso ponendo tra i meriti dell’ex presidente statunitense “l’attuazione dell’idea di Scudo Stellare” che, a suo dire, “avrebbe indebolito la già debole economia dell’URSS” la quale, “tentando di rimanere al passo con gli Stati Uniti, portò al tracollo di quello stesso sistema economico”.
Idea affascinante, come affascinanti sono i misteri che si celano nel profondo del cervello, una volta lasciato correre quest’ultimo a briglia sciolta sui verdi pascoli di una prateria irta di demenza.
In URSS per giungere all’impresa di Yurij Gagarin, vennero condotte una serie di prove e di lanci che coinvolsero, oltre alla cagnetta Kudryavka meglio nota come Laika, le meno conosciute Mushka e Albina; il video nel quale viene illustrata la fase di “addestramento” dei tre cagnetti e di due scimpanzé, dei quali non ricordo il nome, farebbe impallidire un attivista della LAV…già è difficile sopportare la vista di un uomo che viene sballottato in quella infernale macchina che gira vorticosamente al fine di ricreare l’accelerazione e l’assenza di gravità, figuriamoci quella di spaesate bestioline che, oltretutto, avranno anche avuto seri problemi con le indicazioni in cirillico.
Non so di preciso che fine abbiano fatto i due scimpanzé e le cagnette Mushka ed Albina.
So, invece, che Laika morì durante la fase di partenza del vettore e venne vaporizzata durante il rientro della navicella nell’atmosfera…il cinismo della Propaganda di Regime fece si che tutto il mondo sapesse che Kudryavka era sopravvissuta cinque giorni in orbita; effettivamente, fu un bel trattamento se paragonato all’assoluta mancanza di notizie inerenti alla scomparsa di centinaia di migliaia di persone nei gulag.
Chiunque ha avuto un cane sa che la povera Laika morì di paura e disperazione, chiusa in una scatola di tonno con il cuore che le scoppiava in petto.
Vittorio Zucconi, in un suo bellissimo articolo su La Repubblica dello scorso anno, ha descritto la scena con la sensibilità tipica di chi ama gli animali e nei loro occhi ha visto riflessa la durezza del cuore degli uomini.
Ho immaginato di ritrovarmi in Ploschad Kudryavka invece di Ploschad Gagarina e veder svettare, in cima alla colonna in acciaio inox che lo protende verso lo Spazio, il cagnolino al posto del bel Yurij.
Giustizia animalista sarebbe stata fatta.
Ma è altresì vero che dopo aver visto la fine che usualmente facevano cani e scimpanzé, qualsiasi uomo normale avrebbe declinato gentilmente l’offerta di essere sparato a centinaia di kilometri nell’atmosfera…tutti tranne Yurij Gagarin che, come tutti i pionieri, più che la certezza di ritornare da eroe, aveva l’incertezza di tornare vivo.
Comunque, mentre mi perdo in elucubrazioni cosmonautiche, mi viene in mente di immortalare l’interno del museo.
Tiro fuori dallo zaino la mia fotocamera digitale e…"

:-)

pank ha detto...

bella, Robè, onoratissimo

lascia dire agli altri se il tuo libro è innocuo eccetera, tu pensa a scriverlo meglio che puoi.
E grazie per il contributo

pank ha detto...

ma che ne è dell'incudine?
non mi si apre da due giorni