30 novembre 2007

Quivi sospiri, pianti e alti guai

ma non quando va in video Benigni. Non che fosse niente di nuovo, eh...
Ero stanco, non l'ho seguito tutto al cento per cento, si è pure lasciato andare a qualche banalità, qualche volgarità, qualche trucco di troppo. Ma viva la faccia. Crepitante. Vorrei più spesso racconti, letture e one-man show a ruota libera come questo. Suggerisco: Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Marco Baliani, Alessandro Benvenuti, nonsochialtro ma ce ne sono. Di Paolini s'è detto di già. Raccontateci le cose, fateci vibrare con la potenza dei versi e delle storie. Basta televuoto.

La confraternita del Chianti


Anche se John Fante non c'entra niente, e nemmeno Joe Zarlingo, a due mesi e passa dal salto nel buio il bilancio è positivo. Sono atterrato dall'UFO direttamente nelle terre del vino, su una collina baciata dal sole tutti i giorni, adornata da una vigna bellissima (e a berne il frutto, miracolosa) che prima s'è fatta d'oro e poi s'è addormentata. Nel frattempo, studiando studiando, ho imparato un sacco di cose. A bere no, quello (hic) l'ho sempre fatto, e il torrente d'informazioni che mi travolge quotidianamente non basta, ancora, a fare di me uno che ne sa abbastanza. Ma mi sto dando da fare come un matto e il Chianti è buono, e la Vernaccia, il Sauvignon, lo Chardonnay, la Grappa, L'Olio. Li scrivo maiuscoli per rispetto. Abbiamo da traversare il mare, ancora, e non basterà mai. L'ideale.

29 novembre 2007

Neologismi

Tassifascisti?
Fasciotassisti?
Resisti, valterì

25 novembre 2007

Il callo

Un giorno Cocciolone rimase a piedi dentro le linee irachene. La cosa fece sensazione: si pensava che mai e poi mai un italiano avrebbe più rischiato la pelle in un'azione militare in territorio straniero. Le veglie si susseguivano, la diretta sulla guerra era ossessiva, gli armamenti sezionati vite per vite e tutto il resto. A distanza di quindici anni e più, la morte quasi eroica di un soldato italiano e il ferimento di altri ha un impatto molto meno forte, come fievole è il ricordo del sacrificio, eroico davvero, di Calipari, morto per fare scudo col suo corpo a Giuliana Sgrena. Ci abbiamo fatto il callo. Nessuno degli indignati a gettone sente il bisogno di convocarsi permanentemente o di sfasciare qualche città come fatto per il povero Gabriele Sandri. E io mi chiedo com'è questa intermittenza del flusso di coscienza, da che dipende, perché sto cuore grande batte mò sì e mò no. E non mi so rispondere. Sia lieve la terra anche per te, Daniele Paladini, giovane eroe del Salento. Anche per te.

24 novembre 2007

Lansdale e tratturo

Di Eupremio Spinozza
Cari lettori, questa settimana niente teatro: il vostro critico è andato a trovare il cuggino Ottavio che abita in Molise. In pieno tratturo, magnando uno scattone e una pecora arrosto, nell'incanto bucolico di Frosolone, abbiamo passato memorabili pomeriggi davanti al foco. A legge ssu libbru de malamente che avevamo ricevuto in regalo dall'archeologo Girolami alla fine di una memorabile trincata di vino der contadino, sotto alla pergola vicino alle Quattro strade. Insomma, ssu libbru è Una stagione selvaggia di Lansdale, americano imbriacone del Texas come li caubboy che scrive tutte cose piene de sangue e de puttanesimi che ci hanno turbato anzichennò, oltre al fatto che la protagonista Tuta era proprio bona. Insomma, c'è Appe che è una zecca e Leonard che è un po' ricchione e un po' negro. I due vanno d'accordo, anche se fanno a lotta, ma non d'amore anche se Leonardo un flappeflappe ce lo farebbe. Appe è l'ex marito de Tuta, che è una biondona stangona che un po' se ne va e un po' aritorna, e ogni volta è un guaio. Stavorta dice che c'è da recuperà dei soldi che stanno nascosti sotto a una palude che Appe conosce bene, essendo che ci giocava da regazzino. Appe e Leo ce stanno, anche se il resto della banda è di birbaccioni brutti assai, chi sfregiato, chi obeso, chi incecalito appresso alle cosce de Tutabbona. Lo scopo è nobile: se trattarria de finanzià un'attività meritoria, un gruppo che salva le balene e i pinguini e tutto meno che le pecore de lu cumpare mé. Insomma, Appe è bravo e recupera li sordi, ma poi parte un tritacarne che levete. Spunteno le pistole e la banda dei bruttoni sequestra i due salami e li frega. Poi vanno da uno che puzza de schioppettate che si chiama Soldier che doveva vendergli le armi per fare i terroristi, altro che pinguini. E insomma Soldier con la donna che si chiama Angela ed è una curturista come quelli morammazzati del vrestling invece sta d'accordo con Paco che è rimasto senza faccia per colpa di un bombone e dice affanculo alla politica, qua ce servono li sordi pe magnasseli. Ma la topa, furba, i soldi li aveva già nascosti: allora il bruttaccino e la fidanzata culturista incominciano una sequela de torture e ammazzamenti, fino a che non se la vedono con Appe e Leonard che daje e daje non morivano mai. Com'è come non è, alla fine sò tutti morti meno che i due eroi e il birbaccione numero uno, che finisce in mano alla polizia. Un po' m'è dispiaciuto per la bionda e non so se tutti sti ammazzamenti dentro a nu libbro ce stanno bene. Ma proprio adesso dice che n'è uscito uno novo, e se me capita me lo leggo, magari quando aretorno allu tratturo da mio cuggino Ottavio. Lui sta tutto il giorno nella stalla colla pecora sia, dice che l'ha chiamata Trudy in onore della biondaleona. Era meje quando se leggiu la divina commedia, siccisi.

Il pallone

Mercoledì la nazionale ha concluso il suo percorso di qualificazione agli europei. Una volta quasta sarebbe stata una buona notizia. Altrove accade ancora che la mancata qualificazione della nazionale (vedi l'Inghilterra) sia vista con grande disappunto, da noi la sputazzata sulla maglia azzurra fa parte di un degrado che parte da dentro. Non si può parlare di valori dello sport che crollano quando il cattivo esempio viene da quelli che vanno sui giornali e in tv e che dello sport se ne preoccupano poco.
Domenica torna il campionato e l'attenzione è tutta su chi potrà andare in trasferta e chi no, su quali cori si canteranno, quanti striscioni verranno esposti, quanti rigori negati e vai col tango. L'attenzione sul gesto, sul divertimento, sul gioco è sempre meno. Bisogna riprenderselo, quasto spazio, perché di giocare abbiamo bisogno. La morte di Gabriele Sandri è un triste episodio di cronaca. Quello che è successo dopo non si può giustificare alla luce di nessun accadimento. Nessuno. E spero che si faccia finalmente qualcosa di concreto (come a Milano, dove lo spazio negato agli ultras sarà appannaggio dei bambini delle scuole) per tornare alla normalità.

Dietrologie

Insomma, si è sempre detto che quando la nera tiene banco in prima pagina è segno che c'è qualcosa in evidenza che va rimosso, nascosto, messo in secondo piano. Difficile scegliere che cosa. Adesso vedo Vespa a La7 che presenta il libro su sesso e potere, ripenso alle chiacchiere su Fini incinto e mi cascano le braccia. Nel senso, in England ste cose le fanno i tabloid, da noi mi sembra che le facciano tutti.

Bullismi

Due adolescenti arrestati a Milano per aver ricattato, minacciato e alleggerito di trenta euro un coetaneo. I poliziotti si sono detti sconcertati dal fatto che i ragazzi non sembrano rendersi conto della gravità del fatto: minacciare un compagno scopo estorsione gli sembra normale. Mi ronzano ancora nelle orecchie i commenti che hanno minimizzato quello che è venuto fuori dalle intercettazioni in questi giorni, a proposito di Mediaset e Rai. E mi chiedo se ci sia poi da scandalizzarsi di quello che pensano e fanno i bulletti.

22 novembre 2007

Non so a voi


A me il fatto che esista qualcuno che pensa che Heidi sia offensiva al punto di coprirne il capo e di "oscurarne" i mutandoni un po' fa paura.
La sospensione della porno-prof, invece, la trovo comprensibile, alla luce del comportamento tenuto e considerando che lavoro fa e dove lo fa. Senza moralismi: uno si comporta come crede e se ne assume la responsabilità, personalmente non credo che certi comportamenti siano compatibili con l'insegnamento.

Ripensandoci, allarme!

La fine di Internet avverrà nel 2010
lo dicono loro, mica John Titor.
Bisognerebbe interrogarsi sulle conseguenze, io ci perderò due lettori al giorno e mi scriverò su un quaderno i tre post al giorno che inutilmente appiccico qua. Per altri sarebbe peggio...

Ascolta, figliolo

Tutto questo un giorno finirà.
Precisamente, pare, nel 2010.

21 novembre 2007

20 novembre 2007

Cimbelino

Dall'inviato
Eupremio Spinozza
Sette minuti di applausi scroscianti, fiori come piovesse e anche un paio di ricotte fresche per la bella Tatiana (vedi foto) che spopola nei panni di Imogene: questi i numeri dello straordinario successo del Cimbelino rappresentato in anteprima al Globe Theatre di Colle San Giovanni Scalo dalla compagnia di Marcello Crosta. Dopo le succose anteprime sulle scene piccanti circolate per il Cicolano nel fine settimana, finalmente la scena: Tatiana, per quanto bona, è tutta vestita, per la delusione del pubblico e dell’attor giovane Gaetano Mazzaferrata, che strappata la parte di Postumo Leonato sperava di poter leoninamente approfittare delle slave abbondanze della protagonista. Invece no: l’inflessibile Cimbelino lo caccia via dalla moglie e lo esilia, cercando di appioppare alla figlia il pipaiuolo Clothen, figlio di prima mandata della fetusissima regina che spia e insegue la popputa ucraìna in ogni parte del palcoscenico e dei camerini. Lei si nega e sospira al pensiero del baldo marito, frattanto migrato a Roma. Qua Iachimo il senese lo costringe alla scommessa: la mutanda d’Imogene sarà sua, e il cornutazzo si ricrederà sulle virtù della gnocca. Aho, popolo, detto fatto: Iachimo cala l’asso a bastoni, Imogene lo fa olmo, ma lui s’introduce con l'inganno nella camera da letto della bella, e spia. Poi millanta la trombata e incassa la scommessa: Postumo vuole ammazzare la presunta soccola, affidandosi al fido Pisanio che non ci pensa nemmeno. Nel frattempo Clothen sbrocca per l’arrapamento e parte in cerca della bella, attirata fuori corte dal Pisanio che per salvare capra e cavoli aveva fatto finta di ammazzare la gnocca. Costei, travestita da uomo, nonostante la quarta abbondante, finiva in grotta con tre brigantacci che non capivano come fosse sto tinticamento all’inguine. La mischia che segue vede nell’ordine Clothen che andava per decapitare e finiva decapitato, la mammaccia stecchita pure lei, il pentito Postumo che torna, travestito pure lui, a difendere Britannia dalle truppe di Caio e si batte con il millanta-trombatore Iachimo che perde e confessa. Cimbelino, mollata la presa della mogliaccia intrigante, benedice i due colombi e ritrova i due figli rapiti da piccoli, quando questi smettono i panni dei briganti dal tinticarello incestuoso. Fratelli dell’Imogene popputa si devono accontentare della corona. Finisce con le feste, i canti e i balli tra romani e britanni. Non che si trombi, beninteso. Applausi a parte, strascichi del dopo per via dell’esoso conto lasciato al consorzio agrario di Colle San Giovanni di sotto da Zelico, marito serbo della Tatiana, che già aveva accoltellato a una chiappa a mò di avvertimento il Mazzaferrata, ripiegato rapidamente sulla cassiera Anna, bionda e formosa, detta zompetta per via di un lieve singulto che ogni tanto ne scompagina l’andatura. Lo spettacolo resta in cartellone anche domani. Al termine festa grande col Novello e le castagne di Colle San Giovanni di mezzo. Tre euri per un bicchiere e tombola: i concorrenti saranno premiati da Tatiana in persona.

19 novembre 2007

Il nuovo che avanza

apolitical blues


oggi ci vuole proprio

prendiamo esempio

A parte che ho già raccolto sette firme che posso usare a mia discrezione, anch'io penso che non ci si debba fossilizzare, ma rimanere proiettati al futuro. Da oggi in poi questo blog si chiamerà Filippo

lavoro

In qualsiasi epoca il vero lavoro viene svolto da quattro o cinque persone.


Ezra Pound

e tornavo

in questa città che annega nella retorica e si stordisce di confusione e di doppie file a destra e a sinistra. Il cimitero acattolico sabato mattina era un'isola felice, col sole anche se c'era un soffio di vento maligno, ma fuori. Lì c'era tiepido e verde, con la gentilezza del signore che ci ha dato le spiegazioni prima, e le lapidi tutte vicine vicine, come in un piccolissimo Père Lachaise su misura per tutta questa gente dal nome esotico che t'immagini sia stata eccentrica e stralunata e cerchi di pensare a come possa essere stata sorpresa dalla morte così lontano da casa. I gatti intanto si godono il sole, con quelli della lav che li fotografano, liberi dall'angoscia che li costringe a pensare al Palio e sinceramente presi dalla salvaguardia del micio nero. Che figurarsi se non la condividiamo... Davanti al letto di riposo di qualche nobile kazako un micio si gonfia tutto e gnaola piano cercando di sostenere lo sguardo di un altro che gli si fa incontro, grosso e silenzioso, non un pelo arruffato, non una mossa di troppo, in un interminabile surplace. Alla fine il micio gonfio cede il passo e si allontana, appena in tempo per ridarsi un contegno smorfioso, incontrandomi sul vialetto. Al mercato di Testaccio vendono le scarpe, come sempre. Sul tronchetto dell'A24 stasera erano tutti incollati all'asfalto. Il miraggio del centro commerciale che non si sa perché, si dice che te lo impongono. Sembravano felici di starsene in fila, invece, per passare il pomeriggio inzeppati lì dentro. Volontari. Checché.

16 novembre 2007

il paese dei raccomandati

Un italiano su due trova lavoro grazie alla raccomandazione di politici, parenti, amici e conoscenti.
Roba risaputa, ma a rileggerla un po' fa incazzare. Il mio curriculum dice che ho lavorato presso quattro aziende private, tre di costruzioni/opere pubbliche e una agricola (attuale). Il che significa che ho dovuto sputare sangue per trovare lavoro in quattro circostanze diverse, più un'altra in cui ho poi rifiutato le proposte dell'azienda con cui ero in contatto, che mi avrebbe assunto. Meglio così, e la consapevolezza di far parte di una minoranza aiuta a sentirsi meglio. Ma un giorno bisognerà pure vuotare il sacco della bile accumulata in anni e anni di assoggettamento a stronzi figli di papà, raccomandati e arrampicatori vari. Lo dico a nome e a beneficio di tutti quelli che sono nati da famiglie di quello che una volta si definiva sottoproletariato, e che, al 99%, non sanno che accidenti sia internet, il computer, i blog e tutta la cartata di stronzate con cui ci si trastulla tutto il giorno. Lavorare stanca di più anche per questo, per chi se lo può permettere: perché sia chiaro che siamo dei privilegiati. A 45 anni studio e faccio esami all'università come un cretino, per il solo gusto di fare qualcosa che non ho potuto/voluto fare a suo tempo. Mi sbatto come un ciuco ricominciando da zero al lavoro, e tutto il resto, solo perché vivo in un paese che non incasella la gente in base alle capacità, anzi.
Scusate lo sfogo.

moratoria pena di morte, avanti

La Terza commissione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato ieri sera ad ampia maggioranza la risoluzione che chiede una moratoria internazionale sulla pena di morte. Il voto è stato di 99 Paesi a favore, 52 contrari e 33 astenuti.

eccesso di citizen journalism

O bisogno di sculacciate pesanti?
Piccoli sciacalli crescono...

15 novembre 2007

Il triangolo nero

Io ho aderito. Se siete d'accordo anche voi e volete aderire, seguite il link


Un manifesto di scrittori, artisti e intellettuali contro la violenza su rom, rumeni e donne

La storia recente di questo paese e’ un susseguirsi di campagne d’allarme, sempre piu’ ravvicinate e avvolte di frastuono. Le campane suonano a martello, le parole dei demagoghi appiccano incendi, una nazione coi nervi a fior di pelle risponde a ogni stimolo creando “emergenze” e additando capri espiatori.
Una donna e’ stata violentata e uccisa a Roma. L’omicida e’ sicuramente un uomo, forse un rumeno. Rumena e’ la donna che, sdraiandosi in strada per fermare un autobus che non rallentava, ha cercato di salvare quella vita. L’odioso crimine scuote l’Italia, il gesto di altruismo viene rimosso.
Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena e’ stata violentata e ridotta in fin di vita da un uomo. Due vittime con pari dignita’? No: della seconda non si sa nulla, nulla viene pubblicato sui giornali; della prima si deve sapere che e’ italiana, e che l’assassino non e’ un uomo, ma un rumeno o un rom.
Tre giorni dopo, sempre a Roma, squadristi incappucciati attaccano con spranghe e coltelli alcuni rumeni all’uscita di un supermercato, ferendone quattro. Nessun cronista accanto al letto di quei feriti, che rimangono senza nome, senza storia, senza umanita’. Delle loro condizioni, nulla e’ piu’ dato sapere.
Su queste vicende si scatena un’allucinata criminalizzazione di massa. Colpevole uno, colpevoli tutti. Le forze dell’ordine sgomberano la baraccopoli in cui viveva il presunto assassino. Duecento persone, tra cui donne e bambini, sono gettate in mezzo a una strada.
E poi? Odio e sospetto alimentano generalizzazioni: tutti i rumeni sono rom, tutti i rom sono ladri e assassini, tutti i ladri e gli assassini devono essere espulsi dall’Italia. Politici vecchi e nuovi, di destra e di sinistra gareggiano a chi urla piu’ forte, denunciando l’emergenza. Emergenza che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla Criminalita’ (1993-2006), non esiste: omicidi e reati sono, oggi, ai livelli piu’ bassi dell’ultimo ventennio, mentre sono in forte crescita i reati commessi tra le pareti domestiche o per ragioni passionali. Il rapporto Eures-Ansa 2005, L’omicidio volontario in Italia e l’indagine Istat 2007 dicono che un omicidio su quattro avviene in casa; sette volte su dieci la vittima e’ una donna; piu’ di un terzo delle donne fra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, e il responsabile di aggressione fisica o stupro e’ sette volte su dieci il marito o il compagno: la famiglia uccide piu’ della mafia, le strade sono spesso molto meno a rischio-stupro delle camere da letto.
Nell’estate 2006 quando Hina, ventenne pakistana, venne sgozzata dal padre e dai parenti, politici e media si impegnarono in un parallelo fra culture. Affermavano che quella occidentale, e italiana in particolare, era felicemente evoluta per quanto riguarda i diritti delle donne. Falso: la violenza contro le donne non e’ un retaggio bestiale di culture altre, ma cresce e fiorisce nella nostra, ogni giorno, nella costruzione e nella moltiplicazione di un modello femminile che privilegia l’aspetto fisico e la disponibilita’ sessuale spacciandoli come conquista. Di contro, come testimonia il recentissimo rapporto del World Economic Forum sul Gender Gap, per quanto riguarda la parita’ femminile nel lavoro, nella salute, nelle aspettative di vita, nell’influenza politica, l’Italia e’ 84esima. Ultima dell’Unione Europea. La Romania e’ al 47esimo posto.
Se questi sono i fatti, cosa sta succedendo?
Succede che e’ piu’ facile agitare uno spauracchio collettivo (oggi i rumeni, ieri i musulmani, prima ancora gli albanesi) piuttosto che impegnarsi nelle vere cause del panico e dell’insicurezza sociali causati dai processi di globalizzazione.
Succede che e’ piu’ facile, e paga prima e meglio sul piano del consenso viscerale, gridare al lupo e chiedere espulsioni, piuttosto che attuare le direttive europee (come la 43/2000) sul diritto all’assistenza sanitaria, al lavoro e all’alloggio dei migranti; che e’ piu’ facile mandare le ruspe a privare esseri umani delle proprie misere case, piuttosto che andare nei luoghi di lavoro a combattere il lavoro nero.
Succede che sotto il tappeto dell’equazione rumeni-delinquenza si nasconde la polvere dello sfruttamento feroce del popolo rumeno.
Sfruttamento nei cantieri, dove ogni giorno un operaio rumeno e’ vittima di un omicidio bianco.
Sfruttamento sulle strade, dove trentamila donne rumene costrette a prostituirsi, meta’ delle quali minorenni, sono cedute dalla malavita organizzata a italianissimi clienti (ogni anno nove milioni di uomini italiani comprano un coito da schiave straniere, forma di violenza sessuale che e’ sotto gli occhi di tutti ma pochi vogliono vedere).
Sfruttamento in Romania, dove imprenditori italiani - dopo aver “delocalizzato” e creato disoccupazione in Italia - pagano salari da fame ai lavoratori.
Succede che troppi ministri, sindaci e giullari divenuti capipopolo giocano agli apprendisti stregoni per avere quarti d’ora di popolarita’. Non si chiedono cosa avverra’ domani, quando gli odii rimasti sul terreno continueranno a fermentare, avvelenando le radici della nostra convivenza e solleticando quel microfascismo che e’ dentro di noi e ci fa desiderare il potere e ammirare i potenti. Un microfascismo che si esprime con parole e gesti rancorosi, mentre gia’ echeggiano, nemmeno tanto distanti, il calpestio di scarponi militari e la voce delle armi da fuoco.
Succede che si sta sperimentando la costruzione del nemico assoluto, come con ebrei e rom sotto il nazi-fascismo, come con gli armeni in Turchia nel 1915, come con serbi, croati e bosniaci, reciprocamente, nell’ex-Jugoslavia negli anni Novanta, in nome di una politica che promette sicurezza in cambio della rinuncia ai principi di liberta’, dignita’ e civilta’; che rende indistinguibili responsabilita’ individuali e collettive, effetti e cause, mali e rimedi; che invoca al governo uomini forti e chiede ai cittadini di farsi sudditi obbedienti.
Manca solo che qualcuno rispolveri dalle soffitte dell’intolleranza il triangolo nero degli asociali, il marchio d’infamia che i nazisti applicavano agli abiti dei rom.
E non sembra che l’ultima tappa, per ora, di una prolungata guerra contro i poveri.
Di fronte a tutto questo non possiamo rimanere indifferenti. Non ci appartengono il silenzio, la rinuncia al diritto di critica, la dismissione dell’intelligenza e della ragione.
Delitti individuali non giustificano castighi collettivi.
Essere rumeni o rom non e’ una forma di “concorso morale”.
Non esistono razze, men che meno razze colpevoli o innocenti.
Nessun popolo e’ illegale.

Adesioni aggiornate alle 16.00 di mercoledi’ 14 novembre 2007:


Proposto da Alessandro Bertante, Gianni Biondillo, Girolamo De Michele, Valerio Evangelisti, Giuseppe Genna, Helena Janeczek, Loredana Lipperini, Monica Mazzitelli, Marco Philopat, Marco Rovelli, Stefania Scateni, Antonio Scurati, Beppe Sebaste, Lello Voce, Wu Ming.
Primi firmatari Fulvio Abbate - Maria Pia Ammirati - Manuela Arata - Bruno Arpaia - Articolo 21 - Rossano Astremo - Andrea Bajani - Nanni Balestrini - Guido Barbujani - Ivano Bariani - Giuliana Benvenuti - Silvio Bernelli - Stefania Bertola - Bernardo Bertolucci - Sergio Bianchi - Ginevra Bompiani - Carlo Bordini - Laura Bosio - Botto&Bruno - Silvia Bre - Enrico Brizzi - Luca Briasco - Elisabetta Bucciarelli - Franco Buffoni - Errico Buonanno - Lanfranco Caminiti - Rossana Campo - Maria Teresa Carbone - Massimo Carlotto- Lia Celi - Maria Corbi - Stefano Corradino - Mauro Covacich - Erri De Luca - Derive Approdi - Donatella Diamanti - Jacopo De Michelis - Filippo Del Corno - Mario Desiati - Igino Domanin - Tecla Dozio - Nino D’Attis - Francesco Forlani - Enzo Fileno Carabba - Ferdinando Farao’ - Marcello Flores - Marcello Fois- - Barbara Garlaschelli - Enrico Ghezzi - Tommaso Giartosio - Lisa Ginzburg - Roberto Grassilli - Andrea Inglese - Franz Krauspenhaar - Kai Zen - Nicola Lagioia - Gad Lerner - Giancarlo Liviano - Claudio Lolli - Carlo Lucarelli - Marco Mancassola - Gianfranco Manfredi - Luca Masali - Sandro Mezzadra - Giulio Milani - Raul Montanari - Giuseppe Montesano - Elena Mora - Gianluca Morozzi - Giulio Mozzi - Moni Ovadia - Enrico Palandri - Chiara Palazzolo - Melissa Panarello - Valeria Parrella - Anna Pavignano - Lorenzo Pavolini - Giuseppe Pederiali - Sergio Pent - Santo Piazzese - Tommaso Pincio - Guglielmo Pispisa - Leonardo Pelo - Gabriele Polo - Andrea Porporati - Alberto Prunetti - Laura Pugno - Christian Raimo - Veronica Raimo - Franca Rame - Enrico Remmert - Ugo Riccarelli - Anna Ruchat - Roberto Saviano - Sbancor - Clara Sereni - Gian Paolo Serino - Nicoletta Sipos - Piero Sorrentino - Antonio Spaziani - Carola Susani - Stefano Tassinari - Annamaria Testa - Laura Toscano - Emanuele Trevi - Filippo Tuena - Raf Valvola Scelsi - Francesco Trento - Nicoletta Vallorani - Paolo Vari - Giorgio Vasta - Grazia Verasani - Sandro Veronesi - Marco Vichi - Roberto Vignoli - Simona Vinci - Yo Yo Mundi

Pasolini, forse

avrebbe compreso

Re Lear

Re Lear, o la stagione teatrale che prende le mosse dalle campagne altolaziali e sabine verso l'universo fremente tutto

di Eupremio Spinozza

antefatto
Pepe Sarchiazzo era critico e amico di poeti. Un giorno scomparve per non si sa dove, ma fintantoché c'era bazzicava Bassano e Caprarola, Canale e Manziana, Rieti, Poggio Bustone, Canino e Vetralla. Di più non si sa, perso com'era dietro ai garretti dei pedatori locali e soprattutto alle sottane delle mamme. Si ricordano le bevute di anisetta che facevano un po' carmelo e la solida amicizia con Artemio Maria Lattanzi, rimatore sciolto e luce della scena poetica altolaziale

Attacca col Re Lear nel teatro comunale di Castellozzo la nuova stagione della fortunata compagnia locale di Marcello Crosta. Un successo senza precedenti: l’anziano incoronato lo interpreta Torquato il bidello (nella foto in alto, in una pausa di lavorazione), che subito impreca verso Cordelia figlia poco affettuosa. Regan e Gonerill sì che l’hanno allisciato bene bene: Lear disereda Cordelia e fa la dote all’antre due, che si sposano ai duchi di Cornovaglia e di Albania, qui interpretati efficacemente da un paro d'extracomunitari conosciuti da tempo alle forze dell’ordine. Cordelia je tocca il re di Francia, dopo che la rifiuta il Borgogna (il vinaio Scoppolone) visto che non ci aveva la dote e manco le zinne. E tutto allora sembra procedere per il meglio, senonchè il conte di Marlboro (sarebbe Kent, ma il tabaccaio sponsor ha detto che le Kent non le compra nessuno e ha preteso una pubblicità meno occulta) viene esiliato dal vecchione e se ne va, però no, perché poi si traveste e resta. Com’è come non è, il vecchio Lear non se la spassa come se credeva dopo aver ammollato il peso del potere alle figlie e ai generi. Anzi, le ingrate se lo palleggiano che manco il vecchietto dove lo metto, finché lui decide: scapperebbe in Francia, dove l’aspetterebbe Cordelia. Apriti cielo! Incomincia una catena di ammazzamenti senza nemmeno un po’ de sorca, come lamentava Osvaldo, che sperava de mucinà un po’, visto che faceva la parte dell’amico de Gonerilla. Niente affatto, una avvelena l’antra col topicida, poi s’ammazzeno col fio bastardo de Gloster che non se sa com’è ma Scespire ce lo metteva sempre de mezzo, infine more Cordelia e pure il vecchio, dopo che aveva sbroccato, con la notte nera che nun ce vedevi manco a bestemmià, figuramose se nuotavi, e chi ci pensava per niente, che Torquato nemmeno era capace. Finale emozionante con Edgar e Marlboro che se grattavano le palle al suono della marcia funebre che commuoveva i molti spettatori accorsi. Grande ammirazione per la gagliarda prova di Torquato e di Carla, che ben si è mossa nei panni del travestito Marlboro. Mancava il Fool, perché Bruzzone l’infermiere era di turno. Se si replica la settimana prossima a Vallecupa ci dovrebbe essere pure lui.

14 novembre 2007

dramamine

Ma il calcio è vittima

Oltre alle dichiarazioni di Platini (lette su Repubblica), il comunicato dei giocatori dell'Atalanta che segue le dichiarazioni del loro presidente. Senza stare a riproporre le battaglie quasi vinte e quasi perse di Lotito.
Ma che altro serve per capire a chi deve muoversi per cercare una soluzione?
La volontà, questo è certo. Non so se sia giusto scomodare il terrorismo. Tutti dovrebbero sapere che gli stadi sono sistematicamente infiltrati, in prevalenza dall'estrema destra xenofoba, da più di dieci anni. Le finalità? In primis il reclutamento, se poi ci siano finalità eversive mi aspetto di saperlo da chi su queste cose dovrebbe vigilare. Ma si passa in un niente dalla sottovalutazione totale all'esagerazione. Quello che è successo domenica è allucinante ma NON E' INEDITO, salvo le circostanze della morte di Gabriele che, per quanto sia quasi paradossale, con quello che è accaduto dopo ha poco a che fare.

comunicato dell'Atalanta

linciaggio a Torbellamonaca

da leggere
sul blog di Alessandro Portelli

in punta di matita

13 novembre 2007

baba o'riley

spiderman

Usciamone, per favore, grazie

Ci si avvita nel solito sterile ragionamento: il calcio che si deve fermare, però sì, però no, la polizia che ha le mani legate ma se gli si sciolgono le usa a sproposito, il governo ladro, il magnamagna e che tempi signora mia. Scenari da brivido prefigura Ferrarotti, che non ha tutti i torti. La sensazione è che si debba uscire dall'equivoco e smetterla di considerare il problema della violenza ultras come fatto circoscritto al calcio, che origina dal calcio e di cui il calcio si dovrebbe disfare con le proprie forze. Si vede a occhio nudo che non è così, e la strumentalizzazione della morte di Gabriele lo mostra in modo ancor più chiaro. Le risposte non devono darle Abete, Petrucci, Melandri.

(anche da Franco)

La politica della forza che nasconde il nulla


12 novembre 2007

short people

Le parole di troppo in un giorno di lutto

una fatalità

Insomma, la morte di Gabriele è dovuta a un incidente fatale. Quanto colpevole lo appurerà l’autorità. Resta il fatto che questo ragazzo è morto senza ragione.
La sospensione delle partite poteva essere decisa o meno, si trattava, evidentemente, di una misura non dovuta, in quanto il fatto era avvenuto in una cornice completamente diversa da quella dello stadio. Il proiettile fatale poteva aver colpito una vecchietta che andava in scampagnata alla Verna. Rendiamocene conto. Rendiamoci conto anche del fatto che per qualunque evenienza tragica non incidentale (rapina, rissa o altro) ci si sarebbe scandalizzati se le forze dell’ordine non fossero intervenute. Poi possiamo ragionare, con Bertinotti o chi altri, sull’opportunità di disciplinare meglio l’uso delle armi. E’ stato Manganelli a imporre che si giocasse, per motivi comprensibili, a maggior ragione se si ritengono comprensibili i motivi che scatenano la furia delle bande ultras.
Il tentativo anche simbolico di sottrarre le forze dell’ordine al massacro sa di messaggio inviato da chi vuole strumenti per risolvere la questione. Ed è qui che chi ha a cuore il vivere civile in questo paese dovrebbe indignarsi. Certe bande non debbono poter girare e agire a piede libero. E non dovrebbero essere necessari provvedimenti straordinari per arginarle.

11 novembre 2007

Vorrei sapere perché

C'è una gara a giustificare la violenza in televisione. Perché si ritiene inevitabile il nesso tra il fatto di Arezzo e la mancata sospensione del campionato e gli incidenti che si sono verificati in ogni parte d'Italia. Perché si lascia che in ogni località che ospita una squadra di calcio, dalla serie A alla C2, esista un "movimento" di persone alle quali potenzialmente viene permesso di agire al di fuori della legge, cui si riconosce lo status di controparte "in armi" delle forze dell'ordine, da cui ci si aspettano risposte armate in situazioni in cui, come oggi, muore qualcuno in circostanze oscure ma non incomprensibili. Anche se quel qualcuno è innocente, anche se chi ha sbagliato porta una divisa. Perché nessuno riesce a capire che queste cose avverranno, indipendentemente dalla morte di Gabriele, fino a quando si accetterà che esistano gruppi che operano in aperta contrapposizione con le forze dell'ordine?
Fuori i violenti dal calcio e dagli stadi. E basta. E non si strumentalizzi oltre la morte di un giovane, in qualunque contesto avvenuta, per questa o quell'altra finalità politica o televisiva.

E' morto un tifoso della Lazio

In circostanze tutte da chiarire, in autogrill nei pressi di Arezzo. Infastidisce lo scontro che infuria tra cani ringhiosi che schizzano bava su questo e su quello, incuranti del fatto che c'è un giovane che ha perso la vita. Non vedo cosa possa entrarci il calcio, in un certo senso, se uno scontro avviene a centinaia di chilometri dal teatro della partita. C'è stata una rissa, punto. Non si sa se il ragazzo abbia partecipato alla rissa o meno, e come sia avvenuto il fatto che ha portato alla sua morte. Il testosterone spinge a formulare sentenze che non si possono condividere, anche se è perfettamente comprensibile lo sgomento. Non si possono mettere nel mirino per un fatto del genere le istituzioni. Nessuno chiede le dimissioni di un ministro dell'Interno per un fatto di sangue che accade da qualche parte. In questi casi chi ha la testa la usi.

Sul passo della Futa

Fa un certo effetto visitare questo cimitero tedesco, che si trova sul passo della Futa, in un luogo che è stato teatro di cruentissimi scontri tra i nazisti e la resistenza con le truppe alleate. Perché uno ci va e sfida il vento tagliente, già che si trova, pur sapendo che ci riposano quei soldati che si conoscono per le efferatezze ben note. Certo, non tutti e non sempre, ma molti e spesso se ne sono resi colpevoli. Eppure ti prende la pietà, camminando tra queste pietre tutte uguali, con due nomi per ciascuna, alcuni anonimi, alcuni giovanissimi. Un Karl aveva diciassette anni, era del 23 dicembre del 1926, morto a ottobre del '44. La pietà e la consapevolezza dell'inutilità della guerra, ma anche della facilità con cui si possono manipolare le masse e scatenare l'inferno, soprattutto quando sussistono le condizioni che hanno portato all'affermazione del nazismo. Anche questo è un posto che dice mai più, con le sue piccole corone di fiori, una qua e una là, e i trentamila e passa uomini che dormono lontani da casa e dal ricordo dei loro cari.

Dio e patria non so, famiglia di sicuro


Insomma, Fini aspetta un bebé insieme alla nuova fidanzata, equina scia di Luciano Gaucci. Un lieto evento, come le nozze senesi di Casini. Nel frattempo, qualche giorno fa, una forzista tuonava contro la Treccani sdoganante le coppie di fatto. Lo scompaginamento è totale: i baciapile alla perenne caccia del laico che figliano, risposano e via, i laici antichierici che per fortuna fino a che morte non li separi dalle rispettive. Alla faccia della coerenza, eh

on green dolphin street

10 novembre 2007

Rabbi Jacob

9 novembre 2007

Anniversario


Intanto fanno 18 anni dalla caduta del muro di Berlino.

tre ergastoli per 560 martiri

La conferma degli ergastoli agli assassini di Sant'Anna di Stazzema mi fa venire in mente che 63 anni sono più o meno tanti, a seconda dei casi. Per alcuni parlare ancora di antifascismo, lotta partigiana, nazisti occupanti, guerra civile eccetera è un anacronismo. Certe divisioni vanno superate, e che miseria. Poi però te ne ritrovi altri che si ispirano più o meno liberamente al futurismo, che celebrano marce-simbolo del ventennio, che si adornano di mascelloni, bandiere disegnate alla maniera delle SS e paccottiglia varia. Roba ben più vecchia... Il che rimanda a vizi spesso sottolineati dalla saggezza popolare. Ma è solo che il lavoro fatto per ripulirsi ha prodotto una tirata a lucido superficiale, senza intaccare le croste.

8 novembre 2007

babylon's burning

7 novembre 2007

maigrir

Eva Henger e Carmelo Bene

L'ex pornostar porta in scena (Roma, Brancaccio) un inedito di Carmelo Bene (In fin di voce, «prove di redenzione e lampi di osceno nel nome della Beata Maria Goretti e secondo il non meno Beato Carmelo Bene») ispirato alla vicenda di Maria Goretti.


mah

toc toc

Un uccellino sta sbattendo contro il vetro della finestra di continuo.
Ma se gli apro ed entra poi si spaventa. Avrà freddo?

4 novembre 2007

stanno tornando



abbattiamoli

3 novembre 2007

un pianto

L'errore sciagurato di Ballotta che rivaluta Muslera (lo vedi che può succedere anche a 43 anni di fare una vaccata fatale?). Il doppio infortunio dell'ultim'ora, l'ennesimo, che mette fuori Meghni e soprattutto Pandev. I cori di quei pezzi di merda. Il gioco che latita. L'inutilità di Makinwa, che da due anni ci strazia con prestazioni lassative. E un tempo da giocare. Forza, belli



aggiornamento: merda

mio capitano

democrazia

(demauro.it)

de|mo|cra|zì|a
s.f.
AU
1 dottrina politico–sociale che si fonda sul principio della sovranità popolare
2 forma di governo in cui il potere è retto dal popolo
3 paese ordinato e retto da un governo democratico: l’Italia è una d. fondata sul lavoro
4 insieme delle forze politiche che sono in opposizione con ogni forma di governo dittatoriale: alle ultime elezioni c’è stato un trionfo della d.
5 estens., atteggiamento di chi è aperto alla discussione e disponibile nei confronti dei propri subordinati, democraticità

Polirematiche
democrazia consociativa loc.s.f. TS polit., sistema di governo in cui in presenza di forti divisioni di carattere etnico, linguistico, religioso, la maggioranza e l’opposizione cercano di concordare le decisioni politiche fondamentali | spreg., nel linguaggio giornalistico e con riferimento a situazioni italiane, politica in cui maggioranza e opposizione si spartiscono il potere democrazia costituzionale loc.s.f. TS polit., forma di governo fondata su una costituzione rigida e modificabile solo con determinate procedure Democrazia Cristiana loc.s.f. TS polit., movimento nato dal cattolicesimo sociale alla fine del sec. XIX in Europa e divenuto, dopo la seconda guerra mondiale, partito politico in Italia e in altri paesi (sigla DC) democrazia diretta loc.s.f. TS polit., forma di governo in cui il potere è esercitato direttamente dal popolo democrazia indiretta loc.s.f. TS polit., forma di governo in cui il potere è esercitato dal popolo attraverso i suoi rappresentanti democrazia parlamentare formale loc.s.f. TS polit., d. in cui il principio di uguaglianza è applicato solo sul piano delle istituzioni giuridiche e politiche democrazia parlamentare sociale loc.s.f. TS polit., d. in cui il principio di uguaglianza viene applicato oltre che sul piano delle istituzioni giuridiche anche sul piano economico–sociale




c'è chi si ritiene all'altezza d'impartire lezioni di democrazia, quando usa metodi da polizia politica e si pulisce il deretano con le regole. Quando si dice avere la faccia cme il culo (cit. da Kappler, offlaga disco pax)

2 novembre 2007

Allarme rosso

La domanda di sicurezza è più che legittima e il fatto che si faccia carico del problema un governo di centrosinistra aiuta. Peggio sarebbe se a dover approntare le soluzioni fosse un governo reazionario. Bisogna stare attenti all'onda emotiva: i sindaci puntano al concreto, a loro serve mantenere il consenso dando risposte certe (anche non... definitive) ai cittadini, ma un provvedimento di espulsione massiva per motivi "etnici", oltre a essere ipocrita (contrabbanderebbe una "soluzione" lungi dall'essere realmente efficace), sarebbe in forte odore di razzismo. E' chiaro che non sta agli amministratori preparare il terreno all'integrazione razziale, non ne hanno la funzione né il tempo di programmazione. Una strategia di largo respiro va trovata in parlamento, piuttosto, creando i presupposti normativi per l'integrazione tra immigrati e residenti. Ci sono altre implicazioni del problema che restano in secondo piano, con l'attenzione fissa sulle baraccopoli e sui romeni presunti delinquenti (prima di loro c'era stato il dàlli all'albanese): la più importante resta quella delle sacche di disagio che si creano ai margini delle città e fondono italiani e stranieri in un'unica massa sofferente.

1 novembre 2007

telepessimavisione

Si parla ovunque del successo che La7 ha avuto, martedì sera, passando in diretta lo spettacolo di Paolini. Un po' si scopre l'acqua calda, anche se non sempre l'andamento degli ascolti televisivi sembra avere una logica. Comunque una proposta di qualità ha riscosso un chiaro successo, che poteva essere anche più grande se a fare la proposta fosse stata la Rai o Mediaset. La risposta della Rai non si è fatta attendere: i giornali parlano delle lusinghe ai "big" Bonolis, Fiorello eccetera per risollevare gli ascolti delle reti di stato. Nessuno che raccolga il messaggio del pubblico: fate programmi di qualità e la gente se li guarderà volentieri. Va bene, la scriteriata concorrenza a Mediaset, dura da vent'anni a questa parte e ha prodotto sconquassi. E' anche vero, però, che questo è stato uno dei campi di battaglia del conflitto d'interessi che ha avvelenato la politica di questo paese, e dunque non si può considerare del tutto "fatale" il degrado della rete nazionale, ma bisogna ritenerlo indotto, almeno in parte, da circostanze messe in atto "ad arte". Chi viaggia dai quaranta in su ricorda perfettamente la televisione di grande qualità che si faceva a cavallo tra anni sessanta e settanta, chi è più giovane si può fare un'idea, visto che vengono riproposti spesso spezzoni di varetà dell'epoca. Il fatto che ci fossero in tutto un paio di reti televisive creava una scrematura virtuosa degli autori, ma sarebbe sbagliato ritenere che l'avvento delle televisioni private abbia mortificato quello standard qualitativo. Anzi, le tv locali hanno offerto più opportunità di mettersi in luce a chi non ne aveva. Il fatto è che i palinsesti cercano di orientare i gusti dei telespettatori e non tengono conto (forse)(o almeno non abbastanza) dei loro gusti. E il fatto che oggi, in seconda serata e in una rete bistrattata, alla quale sono state lasciate le briciole dal cartello Raiset, si sia celebrata una rivincita del teatro, dovrebbe far riflettere chi decide cosa va in TV. Aspetta e spera, cantavano a Indietro tutta. Appunto.